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Pagina:D'Annunzio - San Pantaleone, 1886.pdf/253

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i marenghi. 245


‟Che volete?”

‟I’ che t’hajie fatte?”

‟Voi? Niende.”

‟E allora pecche me dai pene e turmende?”

‟Io? Me facce meravijia.... Bona sere! Nen tenghe tembe da perde, mo.”

E l’uomo, con un moto brutale, fece per andarsene. Ma l’Africana gli si gettò alla persona, stringendogli le braccia, e mettendogli il volto contro il volto, ed opprimendolo con tutta la mole delle carni, per un impeto di passione e di gelosia così terribilmente incomposto che Passacantando ne rimase atterrito.

‟Che vuo’? Che vuo’? Dimmele! Che vuo’? Che te serve? Tutte te denghe; ma statte’ nghe me, statte’ nghe me. Nen me fa muri di passijone.... nen me fa ì ’n pazzía.... Che te serve? Viene! Píjiate tutte quelle che truove....” Ed ella lo trasse verso il banco; aprì il cassetto; gli offerse tutto, con un gesto solo.

Nel cassetto, lucido di untume, erano sparse alcune monete di rame tra cui luccicavano tre o quattro piccole monete d’argento. Potevano essere, insieme, cinque lire.

Passacantando, senza dir nulla, raccolse le monete e si mise a contarle su ’l banco, lentamente,