Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/11

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mentre tutti gridavano: — Oh che spirito! Oh che talento! — 10 mi vergognavo internamente d’esscr il meno instruito di tutti i giovani di Ceneda, che mi chiamavano per ischerzo lo «spiritoso ignorante». Non è possibile dire quanto ciò mi pungesse e quanto voglioso rendessemi d’instruzione. Montato un di a caso nel soffitto della casa, dove mio padre era solito gettare le carte inutili, vi trovai alcuni libri, che formavano, creilo, la biblioteca della famiglia. V’era tra questi il Buovo d’Anton a, 11 Fuggi/ozio , il G aerino detto il meschino , la Storia di Bar tanni e di Giosaffat, la Cassandra , il Bertoldo e qualche volume ilei Metastasio. Li lessi tutti con un’incredibile aviditá, ma non rilessi che il poeta cesareo, i cui versi producevano nella mia anima la sensazione stessa che produce la musica. Pigliò Irattanto una seconda moglie mio padre, e dopo dieci anni di vedovanza ci die’ per matrigna una giovinetta, che non ne contava ancora diciassette. Egli avea passati i quaranta. Stimolato dunque da un canto dal desiderio d’ornare di qualche lume la mente, e prevedendo dall’altro le conseguenze di un matrimonio si disuguale, cercai d’ottenere dall’altrui beneficenza quel che non poteva sperare dalla paterna sollecitudine. Era in que’ tempi vescovo di Ceneda monsignor Lorenzo da Ponte, soggetto d’insigne pietá, di benefica religione e di tutte le virtú cristiane eminentemente dotato. Era egli, oltre a questo, e di mio padre e di tutta la mia famiglia amantissimo. Me gli presentai con coraggio, pregandolo di collocare me ed un altro fratello mio nel suo seminario. Piacque all’ottimo prelato il mio commendabile ardire, e, vedendo si in me che in questo fratello mio un vivo desiderio d’instituzione, unito a buone apparenze d’un pronto ingegno e d’una memoria felice, aderi non solo con giubilo all’onorata mia brama, ma suppli con rara bontá alla non piccola spesa del nostro intero mantenimento. I progressi fatti da noi nello studio risposero in qualche modo alle speranze concepite dal nostro benefattore. Imparammo in men di due anni a scrivere con qualche eleganza il latino, ch’era la lingua che con particolare cura insegnavasi da’ valentissimi professori di quel dotto seminario, come la piú