Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/19

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d’imparar io medesimo infinite cose, mi posi all’arduo cimento d’insegnar agli altri le belle lettere. Non credo però che questa specie d’interruzione cagione sia stata di ritardo o di detrimento a’ miei letterari avanzamenti (’). Non aveva ancora vcntidue anni al momento della mia elezione. Erano affidati alle cure mie trenta e piú giovani, pieni di ardore, d’ingegno e di emulazione, e fino allora miei condiscepoli. Il vescovo non cessava di fomentar ed infiammar dentro il mio spirito i piú forti e pungenti Stimoli dell’amor proprio, tutti gli occhi della cittá erano in me solo rivolti: iinagini il mio leggitore coni’io tremava. Raddoppiai quindi la diligenza, le meditazioni e gli sforzi, per adempiere non senza gloria i doveri del mio impiego; e quel, che non ebber tempo d’insegnarmi i maestri, imparai, come disse un dotto rabino, da’ miei discepoli. Umitalmidai rabddi miculam.

Il fortunato effetto delle mie onorate premure eccitò in alcuni l’iniquo pungolo dell’invidia. Due o tre maestri di quel seminario divennero miei indomiti persecutori. Pretendendo cb’io non avessi studiato a fondo la fisica e le matematiche, tentarono assalirmi ila questo lato, gridando ch’io non era che un parolaio, un verseggiatore senza scienza. Composi allora varie poesie, tanto italiane che latine, sopra diversi argomenti fisici, che si recitarono pubblicamente da’ giovani della mia scola verso la fine dell’anno. Piacquero generalmente i miei versi, ma sopra tutto un ditirambo sopra gli odori, in cui si credette vedere qualche lampo del foco rediano:

Qual felice avventura, ecc. Quanto mortificati rimasero i miei nemici, tanto fui io lodato ed accarezzato da’ letterati di quella cittá, dalla scolaresca e dal vescovo; il che aumentò a dismisura l’odio de’miei rivali. Dopo due anni di pazienza, mi congedai. Passai sfortunatamente a Venezia. Essendo nel bollor dell’etá, di temperamento vivace e, al dire di tutti, avvenente della persona, mi lasciai trasportare dagli usi, dal comodo e dall’esempio alle voluttá (r) E da’miei discepoli imparai piú che da tutti.