Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/208

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Costoro eran due miserabilissimi poeti in tale materia. Bonaiuti pretese spesso di scrivere pel teatro, ma i suoi versi eran piú duri della sua testa, che avrebbe potuto cozzare con quella d’un caprone; e Baldinotti faceva l’improvvisatore per mestiere, e qualche volta disse delle cose assai spiritose, ma da’ suoi versi scritti Dio ce ne guardi! S’aggiunga a ciò che, per tradurre un’opera da una lingua in un’altra, vi vuol qualche cosa di piú che saper far versi. Bisogna farli in modo che gli accenti della poesia rispondano a quelli della musica, e questo si fa bene da pochi, ed è necessaria singolarmente un’orecchia musicale e una lunga esperienza. Mancando a costoro queste due cose, mandarono dopo tre settimane lo spartito al direttore che domandollo, con questa umiliante confessione: — Non possiamo. — Quid ageminitif Coni’io aveva avuta la pazienza di non parlare né poco né molto di questo fatto, cosi si credeva che questo segreto maneggio mi fosse ignoto. Venne dunque da me il direttore con Federici ed : — Ecco — mi disse, — signor Da Fonte, il momento di far brillare il suo bel talento. — Mi presentò, detto questo, lo spartito e mi disse di che cosa trattavasi. Questa sfacciata simulazione mi stomacò. Non sapea sul fatto che rispondere. Stava sul punto di dire : — Con simili canaglie non dee rimanere un galantuomo. — Amor di sposo, dover di padre e forse un po’ d’amor proprio vennero in brevi istanti al mio soccorso.

— Signore — risposi io, — non sono obbligato, per patti fatti, di tradurre opere che per musica nuova; ma, se la direzione vuol pagare cinquanta ghinee, tradurrò l’opera. — E di chi sará il profitto del libretto? — soggiunse il furbo Federici. — Di chi le piace — risposi. — E in quanto tempo ci dará l’opera tradotta? In otto giorni. — Federici disse poche parole a Le Texier. Consentirono entrambi e lasciaronmi lo spartito partendo. Mi misi sul fatto alla pruova, e in quarantotto ore feci tutta la traduzione. Andai a trovare un amico che sapeva bene la musica, feci la pruova delle parole, e con piccolissimi cangiamenti si trovò che quadravano perfettamente alle note del compositore. Mandai il terzo giorno lo spartito a Le Texier, annunziandogli che la poesia era tradotta e avvertendolo che mia