Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/210

Da Wikisource.

lui. Ne presi in inano una di trecento lire sterline, e, senza molto riflettervi, soggiunsi che ne farei la prova e che sperava riuscirvi. — Se puoi far questo — disse la Banti, — è fatta la tua fortuna. — Uscito dalla sua casa: — Com’ho potuto — io diceami — intraprender tal cosa? Da chi troverò danaro, io che fo il mestiere di poeta, c’ ho un salario assai modico, e che appena capisco che cosa significa «accettazione», «indossamento» o cambiale? Non so se uno spirito buono o cattivo mi fece allora risovvenire che ne’ primi tempi della mia dimora a Londra io era stato obbligato a impegnare un anelletto di diamanti, ch’era entrato in un botteghino, sulla porta del quale scritto era «Money», e ch’un giovine assai cortese m’avea prestate sei ghinee per un anello che ne valeva almen dodici.

Corsi dunque a quel botteghino, trovai quel giovane stesso, gli presentai la mia carta, ed egli dissemi che, s’io voleva comperare un anello o un orologio da lui, egli m’avrebbe dato il rimanente in contanti. Mi offerse allora diversi oggetti, ed io scelsi una ripetizione, calcolata da lui ventidue ghinee e che ne valea forse quindici, e mi diede un ordine sul banco di Londra pel resto. Quando stesi la mano per prenderlo, mi porse invece la penna e mi commise di scrivere il nome mio dopo quello di Federici sulla cambiale recatagli. Io, che non sapeva il valore o le conseguenze di tale segnatura, credei ch’altro non fosse che una cerimonia o una ricevuta; ma, appena vidi il mio nome su quella carta, mi passò per la mente ch’uno de’ tre ricordi datimi da Casanova era stato di non iscrivere mai il nome mio su cambiali in Inghilterra. Ne tremai tutto come una foglia e parea che un presentimento funesto mi dicesse in quel punto:

— Tu sei perduto! — Tornai nulladimeno da Taylor e gli feci vedere l’ordine di Parker (cosi chiamavasi l’usuraio) e la ripetizione a me data. Taylor, ch’avea giá avuto danari sopr’altre cambiali per mezzo di Federici e di Gallerini, e ch’era avvezzo a perdere settanta, ottanta e fin cento per cento con tai furfanti, fu sorpreso piacevolmente nel veder la prontezza con cui fu servito e la picciolezza della sua perdita. La Banti esclamò con trasporto di giubilo: — Bravo poeta! — intascò graziosamente