Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/238

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di questa illustre e (mi sia permesso dirlo a mio vanto) da me solo italianizzata cittá.

Passai deliziosamente piú giorni con questo nobile letterato e con alcuni altri colti e gentili personaggi di Bologna. Io avea quasi dimenticata la mia principale missione, qual chi per buon soggiorno obblia il viaggio; ma una lettera capitatami da Londra, che mi annunziava tra l’altre cose la riconciliazione della Banti e di Federici, mi scosse subito da quel piacevole sopore e mi fece pensar seriamente a’ veri interessi di Taylor. Come non v’era alcuna cantante di grido in Bologna, risolsi immediatamente d’andar a Firenze.

Oltre al bisogno ch’io aveva d’andarvi per faccende teatrali, io n’era spinto gagliardamente da un vivissimo desiderio di vedere quella famosa e da me non pria veduta cittá. Il freddo era eccessivo, ed io non osai pigliare meco la mia consorte.

Corsi aU’uffizio della posta, per vedere se v’era occasione per Firenze. Mi fu risposto che poteva partire sul fatto, se non mi dispiacea che una donna venisse meco. Il padrone della posta mostrommi allor una giovane d’apparenze gentili, vestita con decente semplicitá e quasi avvenente. Mi parve un poco strano che una donna tale viaggiasse cosi ; ma, un poco per curiositá di sapere chi fosse, un poco per non perder tempo, accettai la sua compagnia.

Partimmo da Bologna verso le quattro pomeridiane, e per ben due ore né ella parlò a me, né io a lei. Fu essa la prima a rompere il silenzio; e fúr questi i suoi primi detti.

— Ho un gran sonno! — Anch’io in veritá — replicai. Tacemmo entrambi per molti minuti. Ruppe novellamente il silenzio, per dirmi che non poteva dormire. — Nemraen io — dissi allora. — Non vorrebbe che cianciassimo un pocolino? — soggiunse ella allora. — Molto volentieri, madama. Dialoghktto bizzarro.

— Di che paese è lei, mio signore?

— Veneziano, per servirla.