Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/44

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Questa lettera mi fece ridere. Uscii sul tatto eli casa e andai da lui. Appena entrato nella sua stanza, vedendo egli eh’ io aveva indosso il mio Terraiuolo, rimase attonito; e, dandomi, senza aprir bocca, un’occhiata brusca, andò in istrada e si mise a fuggire da forsennato. Lo séguito Entra in un viottolo che mette in un canale, e, giunto alla sponda di quello, si pone in atto di balzare nell’acqua. Non n’aveva forse l’intenzione. A ogni modo, lo raggiungo e sono a tempo di trattenerlo. Invece di rimproverarlo, mi contento dirgli tranquillamente quello che a me detto aveva il fratello mio: — Vedete a che riducono le passioni! — Egli era tiranneggiato da molte. La mia moderazione gli penetrò il core profondamente. Non potè trattenere le lagrime, ed io non potei trattenermi di non pianger con lui. L’abbracciai, gli feci coraggio e gli promisi di non parlargli mai piú di mantelli, s’egli voleva promettermi di partir da Venezia. Mei promise, gli diedi qualche danaro, e parti. Non essendo privo d’ingegno e di spirito, si diede seriamente all’applicazione e allo studio, e dopo qualch’anno ottenne una cattedra di belle lettere nel seminario di C... a, indi la cura d’una pingue parrocchia, dove, per quanto mi fu poi detto, ei copre ogni anno aere proprio diversi ignudi, in commemorazion religiosa di quel fortunato mantello. L’esempio di quell’infelice giovine mi riconfermò nel salutare proposto di allontanarmi da quella pericolosissima capitale. Felice me, se avessi avuto coraggio di far lo stesso in tutte l’altre occasioni, in cui era agitata dalle grandi passioni l’anima mia, come, «si mens non laeva fnisset», avrei dovuto fare, se tenuto avessi sempre dinnanzi agli occhi gli effetti felici di questa virtuosa risoluzione! Non valsero né preghiere nè lagrime né minacce di quella donna per trattenermi vi. Andai a Ceneda. Non passarono dieci giorni, che la provvidenza coronò, per cosi dire, la mia vittoria. Trovandosi vacanti due cattedre di belle lettere nel seminario di Trevigi, nobilissima e coltissima cittá dello Stato veneto, furono queste offerte a me ed al fratello mio. Le accettammo entrambi con giubilo. Rinunziò egli al cospicuo impiego di segretario in una