Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/56

Da Wikisource.

professore di ius canonico nell’universitá di Padova e ch’io in casa del Memmo, che amavalo, aveva conosciuto. Costui, che ne sapeva pochissimo di latino, aveva lasciata in mano di quel cavaliere un’orazione, che recitare doveva come introduzione delle sue lezioni a’ numerosi scolari ed agli altri professori di Padova. Il Memmo me la diede da leggere, ed io per onestá fui obbligato dirgli che la trovava inelegantissima. Rimase egli afflittissimo e lo disse al suo candidato. Non era questi per sua ventura né ostinato né superbo. Credeva anch’egli che la maniera del suo scrivere non fosse molto elegante e abbastanza pura. Non aveva da trentanni letto Cicerone, s’era dimenticato di Erasmo e di Cesare da che faceva il cavalier servente in Venezia: nel resto era sicuro che la sua orazione era, in quanto alla materia, bellissima. Egli doveva però partir fra tre giorni per Padova. Vedendo che il Memmo s’interessava molto per lui, gli offersi di rifondere e di rifare, quanto allo stile, il suo discorso; il che nel solo spazio di ventiquattr’ore ho potuto eseguire. Andò a Padova, recitollo e ne riscosse lodi ed onore. È difficile immaginare in quanti morii egli ringraziommi e con parole e con lettere, e quante promesse e proteste fece al Memmo ed a me d’una gratitudine eterna.

Pensai dunque di fargli una visita e domandargli qualche soccorso in quella circostanza infelice, narrandogli la storia di quella donna, ch’ei conosceva mirabilmente. Andai dunque con lieto animo alla sua dimora. Nel picchiare la porta, alzai con un naturai movimento alle finestre lo sguardo, e vidi ritirarsi frettolosamente una testa, che quella mi parve essere del buon sacerdote. Dopo un piccolo indugio, mi s’aperse l’uscio da un servo, il quale, udendo ch’io chiedeva del professore, mi rispose, non senza qualche imbarazzo, che il signor professore non era in casa. Dubitando d essermi ingannato e volendo chiarirmi del fatto, m’allontanai alcun poco da quella casa e ad osservare mi misi certamente se non uscisse. Sapeva che l’ora d’andare alI’ universitá era vicina : difatti non andò molto che usci. Me gli avvicinai immediatamente e non gli dissi che questo: — Vi ringrazio, signor abate, d’avermi prestata occasione di conoscervi. —