Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/164

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Vedrai gli stemmi e le superbe cere, e potrai per mia scorta in queste rime l’ordin dei luoghi e de le etá vedere. Quivi dunque, o garzon, volgi le prime giovanili fatiche, e nobiltate sia d’ogni voto tuo meta sublime. Che valgono i tesori e che le aurate splendide logge, che cadran repente, se ti guarda il destin con luci irate? Fugge la vita piú rapidamente che augel non vola, e fra i tesor la morte copre il tuo nome con la destra algente.

Pag. 140, riga 20: «volle regnare». Per non dover cedere alle istanze del fratello moribondo, non volle venir a Vienna in tutto il tempo in cui Giuseppe era infermo, ad onta che questi gli mandasse messaggi sopra messaggi e aggiungesse preghiere a preghiere. Questa durezza affrettò forse la di lui morte.

Pag. 140, riga 22: «doni degni di lui». In Leopoldo operò la brama del fratello diversamente. Per una certa avversione per lui concepita, pose, appena sul trono montato, ogni mezzo in opera per disfare da capo a fondo quel ch’avea fatto il fratello. Fece la pace col Turco; gli restituí Belgrado ed altre fortezze e paesi; diede a’preti e frati tutta l’influenza negli affari, che lor Giuseppe avea tolta; ristabilí e premiò i delatori; fece per la prima volta veder a Vienna la novitá d’un serraglio imperiale e concepí un odio implacabile contra tutti i favoriti del fratello, togliendo loro gl’impieghi, bandendoli, allontanandoli dal trono; né valse innocenza, virtú o lungo servizio a salvarli. Io fui del lor numero. Al suo avvenimento al trono scrissi una canzone, che, sebben pubblicata moltissime volte, ripubblico qui, come a suo proprio loco e come produzione fortunata, che fu la prima sorgente della preziosa stima e amicizia e di tutte le grazie da me ricevute dal signor Tommaso