Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/294

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lui conservata fino al 1797. — La confessione, che fa il D. P. (I, 166-7) di non aver chiesto alla corte di Vienna se non un sussidio pecuniario per recarsi a Parigi, è una nuova prova che, in fondo, Leopoldo II non gli avesse promesso nulla.—Vescovo di Trieste (I, 167) era dal 7 settembre 1791 il gesuita Sigismondo Antonio conte de Hocheinvart, stato giá insegnante di grammatica a Trieste, professore nell’Accademia teresiana di Vienna e maestro dell’arciduca Francesco, e poi trasferito, nel 1794. al vescovato di Saint Pòlten e, nel 1803, all’arcivescovato di Vienna (Cappelletti, Chiese d’Italia, Vili, 714). — Che, mentre viveva ancora Leopoldo, il governatore di Trieste non solo esortasse il D. P. a contravvenire al bando da Vienna — revocato, a quel che dice il D. P. medesimo (I, 169), soltanto da Francesco I, — ma gli fornisse anche il danaro pel viaggio (I, 168), credat ludaeus Apella. Assai piú verisimile è invece che, giunta a Trieste la nuova dell’improvvisa morte di Leopoldo (i«marzo 1792), il D. P., che poteva ormai dare della famosa udienza, senza tèma di smentite, la versione che piú gli convenisse (e cioè quella appunto che esibi nelle Memorie ), riuscisse a commovere il buon conte Brigido (che dalla citata lettera del Pittoni sembra avesse veramente un debole per lui) e a strappargli consenso e danaro. Egli, quindi, sarebbe giunto a Vienna (ove in quei giorni si trovava anche la sua antica amante) non giá il giorno della morte di Leopoldo (I, 168), ma qualche giorno piú tardi. «È passata giá giorni — scriveva da Vienna, il 28 marzo 1792, il conte Antonio Ottaviano de Collalto al Casanova, — e si è fermata poche giornate, madama Ferrarese, che si porta a Varsavia, ove lá è fissata per il teatro. Si è veduto esservi anche l’abate D. P.; ma, per quanto si è sparso, il marito non le permise che abbia l’accesso in sua casa. Parimenti ciarlano che fece istanza a S. M. per molte cose, e, fra l’altre, due non saprei se fossero genuine: l’una di rimpiazzare il posto perduto, e l’altra di chiedere denaro, dicendo che dal defunto imperatore aveva avuto qualche lusinga d’essere provveduto, e che fra tanto si trattenesse in Trieste; che sopra queste parole lui non si procurò in altre parti impiego, e che è ben giusto che le sii dato risarcimento» (Molmenti, Cari, casati., I, 66-7). —11 nuovo poeta del teatro di corte (I, 169), che Leopoldo aveva condotto con sé dall’Italia nel giugno 1791 (I, 154, ecfr. Zaguri a Casanova, n giugno 1791, in Molmenti, Leti, d. Za’., p. 59) e che restò a Vienna fino al 1794 (anno in cui gli venne sostituito Giovanni de Gamerra), scrivendovi non giá soltanto il Matrimonio segreto (I, 172), ma almeno cinque o sei dei suoi sessanta «brutti libri» (Zaguri, lett. cit.), era Giovanni Bertati (1735-1805) di Martellago (Treviso), e quindi quasi un concittadino del D. P. (cfr. Marchesan, pp. 246-56); quel Bertati appunto da cui il nostro autore aveva plagiato il Don Giovanni, con quella stessa disinvoltura con cui si recò, ora, a fargli visita a Vienna «baldanzosamente» (I, 169). Naturale che il povero uomo restasse allibito (ivi) e tutt’altro che contento (se la cosa è vera) che quel ficcanaso maledico del D. P. riuscisse a scorgere sul suo tavolino