Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/300

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il quale, com’egli si augurava, avrebbe certamente fatto pentire i direttori del teatro di aver trattato l’ex poeta di Giuseppe II in cosí malo modo, se, per penuria di abbonati, non saliti mai oltre i sessanta, il D. P. non si fosse trovato nell’ impossibilitá piú assoluta di iniziarne la pubblicazione. — Fallito questo primo mezzo, tutta l’attivitá del D. P. fu rivolta a ottenere che il duca di Bedford e il marchese di Salisbury (ai quali si diceva, ma erroneamente, che sarebbe stata affidata nel futuro l’impresa del teatro) s’impegnassero, dopo aver licenziati il Badini e lo Storace, a conferirgli non solo il posto di poeta, ma anche quello di direttore. All’uopo procurava farsi un po’ di ridarne , pubblicando nel febbraio 1793, in occasione della recente morte di Luigi XVI (sul quale argomento iniziava anche un melodramma, che non si sa se conducesse a termine), und lunga canzone, un’aria con coro e dodici sonetti, riuniti tutti in un opuscolo, diventato oggi una preziosa raritá bibliografica, e recante il curiosissimo titolo: Il Tributo del Core, poesie di Lorenzo Da Ponte *(in noia: * :i> La mia riconoscenza alla memoria e alle beneficenze dell’Augusto defunto Sovrano non può né dimenticare, né tecere (sic) un’epoca per me si gloriosa») poeta per dieci anni dell’Imperatore Giuseppe II di F. M., dedicate al Signor Duca di Choiseul e pubblicale in Londra dall’autore dopo la morie di Luigi XVI (Londra, si vende per uno scellino presso M. Stace, n. 11 al Mercato del Fieno, MDCCXCIII, pp. 32 in-16). E, manco a dirlo, s’affrettava a inviare di quel suo nuovo parto poetico un esemplare al Casanova (tra le cui carte, a Dux, venne ritrovato dal Ravá). Ma il C., non ostante le lodi adulatorie prodigate allora ad alcuni suoi sonetti dal D. P., stroncò il libercolo, a cominciare dal frontespizio (nel quale trovava «fuori regola» quella sciocca annotazione, di cui soggiungeva che non si intendeva nemmeno se si riferisse a Giuseppe II ó a Luigi XVI), con un’analisi appena raen feroce di quella che non parve vero al Badini di poter esibire al pubblico londinese in un opuscolo poetico, intitolato caricaturisticamente II tributo della coglionatura (Rava, Un’operetta sconosciuta sulla morie di Luigi XVI, nel Marzocco del 25 giugno 1911; e cfr. Molmenti, I, 279, n. 1 e 286-7). — Ciò non pertanto, gli affari del D. P. ncjn facevano un passo avanti. Appena nel marzo 1793 otteneva dal principe Luigi Giuseppe di Liechtenstein la promessa di esser presentato al duca di Bedford: tuttavia nel maggio la presentazione non era ancora avvenuta, e, quantunque il disgraziato librettista si dicesse protetto dall’ambasciatore cesareo, da quello napoletano (il principe di Castelcicala) e dal conte di Lamberg, strappava a stento, in un colloquio col marchese di Salisbury, qualche vaga parola d’incoraggiamento. Il Badini, frattanto, cui tutto ciò non poteva garbare, non se ne stava, e faceva piombare sulle spalle del D. P. continue e atroci satire; alle quali questi, accusato, tra l’altro, di sodomia, rispondeva naturalmente per le rime: onde i frequentatori dell’opera italiana a Londra assistettero anche, pel corso di alcuni mesi, all’edificante spettacolo di due cultori di Pindo, che facevano a gara a chi potesse dir all’altro le ingiurie