Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/71

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PARTE QUINTA 67 le porte della cittá». Questi scrive un articolo di tre pagine in lode della gorgia increspata d’un evirato; quegli annunzia l’arrivo d’un elefante e di due scimiotti nel tal paese; e cosí cent’altri altre cose simili di nessun conto. E in piú di vent’anni non s’è trovato lo scrittore caritatevole, che siasi degnato di tingere in nero un pezzettino di carta per far che sappia il mondo letterario, e gli italiani precipuamente, quello che io stava facendo in America! Possibile — diceva io — che alcuno d’essi non abbia in tanti anni letto od udito da tanti viaggiatori, che dall’America vanno a vedere l’Italia, e da tanti fogli periodici che vi si mandano, i sacrifici che feci, le perdite che sostenni, gli ostacoli che superai, le insidie, le rivalitá, le vessazioni che disprezzai, e le fatiche a cui nella ultima mia vecchiezza mi sottomisi, nella miracolosa intrapresa d’introdurre nella piú vasta e piú remota parte del globo la lingua italiana, e di farvi conoscere, diffondervi e stabilirvi la nostra divina letteratura, che prima dell’arrivo mio o ne era ignota del tutto o nessun cura vasi di conoscere? tanto l’avean calunniata e avvilita coloro che tutto aveano imparato dagli italiani! — Qual fu finalmente la man cortese che ruppe il ghiaccio e liberò il patrio mio zelo da si molesto pensiero? Fu il mentovato dottor Giuseppe Gherardi, che, unitamente al mio vecchio ed impareggiabile amico Pananti, riscaldar seppe a favor mio per tal modo il celeberrimo compilatore del VAntologia fiorentina (ché tale infallibilmente è il signor Montani), che non solo condiscese di far menzione onorata del nome mio in due nobilissimi articoli del suo bel giornale, ma quello disse di me, degli scritti miei e della mia gloriosa impresa in America, che né io ardiva sperare, né di meritarmi credeva o mi credo. Dopo aver illustrato e notato con molto garbo e liberalitá quel che degno di qualche lode parevagli, da saggio e discreto critico, ma con tutta la urbanitá e riservatezza possibile, osservare egli fece ancora i difetti e gli sbagli miei. Né io potrei dire veramente se piú grato gli sono per le lodi prodigatemi o per le poche censure che le accompagnarono; perché, se le prime invogliarono moltissimi a leggermi, le seconde servirono a instruirmi de’ miei errori e ad animarmi a correggerli. 11 che assai di buon grado,