Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/77

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teva nemmeno credere che, dopo una pruova si chiara della mia innocenza da un lato, e dall’altro della mia ossequiosa fedeltá e devozione, dovesse il piti formidabile dei supplici cadérmi sul capo; supplicio che mi tenne per piú d’un anno nelle agonie della disperazione e della miseria, che pose sull’innocente mio dorso la schiavina del piú vii reo, e che m’espose alla derisione e agl’insulti d’una masnada di scellerati, che non m’odiavan per altra ragione se non perché non era anch’io uno scellerato com’eran essi. Alla morte del padre fu riconosciuta, egli è vero, la mia innocenza, e compatite dalla pietá e giustizia del figlio le lunghe mie lagrime; ma, obbligato di scrivere la storia di tutto il fatto, per dissipare ogni ombra di colpa da cui minacciata era la mia memoria, che poteva o doveva far io, o che fatto avrebbe ogni uom onorato che stato fosse nel caso mio? Nelle smanie e negli émpiti del dolore dimenticò forse talvolta la penna mia la gran distanza che passava tra un de’ piú sommi regnanti e un povero facitore di versi? Ma perché sdegnerassi altri per udire negli scritti miei quello che, senza sdegnarsi ed alfine non senza compassione, udí lo stesso Leopoldo da me? Io cito al tribunale di quel monarca tutti quelli che mi condannano. Queste poche parole del nostro dialogo sono sufficienti a convincerli c’hanno torto. Quando terminai di parlare, rimase un momento pensieroso, fece due o tre giri per la camera senza parlare, e, volgendosi d’improvviso con serena faccia a me, tuttavia inginocchiato : — Sorgete — mi disse, stendendomi la mano per aiutarmi: — vi credo perseguitato e vi prometto un risarcimento. Volete di piú? — Dissi giá in un altro loco l’effetto che in me produsse questo tratto d’eroica moderazione; e una spiritosissima damigella, udendo da me che negli Stati dell’imperadore s’erano proibite da’ censori del governo queste Memorie , altro non disse che questo: — Invece di proibirle, avrebbe fatto bene di spargerle per tutto il mondo. Un volume d’encomi non avrebbe detto di Leopoldo quello che dice questo bel tratto. — Sottoscrivo alla nobile sentenza, e torno agli avvenimenti d’America e al dottor Giuseppe Gherardi.