Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/98

Da Wikisource.

terra e di mare e per le sue dottrine e fatiche coperto di vera gloria, sperai poter rendermi favorevole, se non pe’ talenti miei o per gli miei scritti, per l’ardor nobile almeno di promulgare, difendere ed esaltare gli studi ch’egli ama ed onora, anzi pur di crearli in questa a lui opposita parte del mondo, e per l’amor del soggetto illustre che mi spronava a chieder consiglio da lui. Nel leggere i nostri classici co’ discenti, non mancai, come ben può credersi, di porre nelle lor mani quelli che piú mi pareano convenire alla loro etá, al loro stato ed ai loro rispettivi talenti. Dopo i piú nobili toscani prosatori presentai loro i poeti. Il Metastasio fu sempre il primo tra questi: indi tutti quegli altri di sommo grido, lasciando sempre per ultime la Divina commedia e le Rime del Petrarca; e, sebbene tutti questi autori furono generalmente amati, nulladimeno chi fu il piú ammirato e studiato? Fu il ghibellino.

Questa giustissima ammirazione accordata al padre e al principe della nostra letteratura inipegnommi a studiare col piú gran fervore quel divino poema, onde schiarirne le oscuritá e spiegarne i passi difficili. Io aveva giá studiati e meditati i piú celebri commentatori: parendomi tuttavia che un loco ancor rimanesse ad illustrazioni, osai farne io medesimo alcune a diversi canti, ch’uno de’ miei piú colti discepoli pubblicò in un giornale che ei compilava. Benché le mie osservazioni generalmente piacessero, pur, onde piú assicurarmi del loro valore, pensai di mandarne copia al Biagioli, commentatore veramente di molto merito, e delle cui annotazioni io ne sparsi piú di dieci esemplari in America. Nella prefazione apposta alla sua prima edizione invita egli «i sapienti del bel paese a fargli conoscere dov’ei possa avere per ignoranza errato o per troppa voglia, e promette di ricevere con seno aperto le loro luminose osservazioni e correzioni, e di riportarle co’ nomi de’ loro autori in una novella edizione, se avesse mai loco». Siccome però il signor Biagioli né m’ha ricevuto con seno aperto, né m’ha degno creduto d’una risposta, cosí conobbi con mia vergogna che né me collocava nel numero de’ sapienti d’Italia (e in questo pupto gli do ragione), né le mie osservazioni ei credeva degne d’esser riportate da lui.