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d’uno dei mille. 65

bile a far guardia, e non ci lasciava nemmen bagnar le labbra. Ha fatto bene. Uno dei nostri che riuscì a bere, cadde a mezzo della gran salita che mena quassù. Lo vidi dibattersi per dolori atroci, fra gli amici addolorati; un medico gli teneva il polso e tentennava il capo. Speriamo che non sia morto.

Quella salita scomunicata ci ha fatto rompere il petto, ma pazienza. Arrivando, fummo accolti da una folla d’uomini, di donne, di fanciulli strilloni; quasi non si sentiva la banda che ci suonava il trionfo.

Una donna, con un panno nero giù sulla faccia, mi stese la mano, borbottando.

«Che cosa? dissi io.

«Staio morendo de fame, Eccellenza!»

«Che ci si canzona qui?» esclamai: e allora un signore diede alla donna un urtone, e mi offerse da bere, in un gran boccale di terra. Fui lì per darglielo in faccia; ma accostai le labbra per creanza, poi piantai lui per raggiun-