Pagina:Dalla Terra alla Luna.djvu/248

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248 giulio verne

quarti del globo. Ci furono le più insensate proposte per dissipare le nubi accumulate nell’aria. Il 7, il cielo parve modificarsi un poco. Si sperò, ma la speranza non fu di lunga durata, e la sera nubi ancor più dense tolsero a tutti gli sguardi la volta stellata. Allora la cosa divenne grave. Il giorno 11, alle nove e undici minuti antimeridiane, la Luna doveva entrare nel suo ultimo quarto. Dopo questo termine essa andrebbe declinando, e, quand’anche il cielo si fosse rasserenato, le probabilità dell’osservazione sarebbero in ispecial modo diminuite; infatti, la Luna più allora non mostrerebbe che una porzione sempre decrescente del suo disco e finirebbe col diventare nuova, cioè tramonterebbe e si alzerebbe col sole, i cui raggi la renderebbero assolutamente invisibile. Bisognava dunque aspettare fino al 3 di gennaio, a mezzogiorno e quarantaquattro minuti, per ritrovarla piena e cominciare le osservazioni.

I giornali pubblicavano queste riflessioni, con mille commentarî e non dissimulavano al pubblico che doveva armarsi di pazienza angelica.

Il giorno 8, nulla. Il 9, il sole ricomparve un istante come per farsi beffe degli Americani. Esso fu salutato a fischi, per cui, offeso al certo da simile accoglienza, si mostrò avarissimo de’ suoi raggi.

Il 10 non ci fu cambiamento. J. T. Maston fu ad un pelo d’impazzire, e si provarono serî timori pel cervello di questo degno uomo, fino allora sì ben conservato sotto il cranio di gutta-percha.