Pagina:Dalle dita al calcolatore.djvu/177

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5. dalla “galera” alla “danda” 155

l’unico neo è che le cifre del 378 non si trovano allineate sulla stessa riga, in quanto l’8 resta dov’era. Il resto successivo (74) viene a trovarsi scritto su due righe. Quando vi si aggiunge l’ultima cifra del dividendo, si forma 749, disposto su tre righe, come si può vedere. Anche il resto finale (65) è disposto obliquamente.

Con tre semplici modifiche si passerà allo schema a “danda”: 1) passaggio del divisore dalla sinistra alla destra del dividendo; 2) spostamento del quoziente al di sotto del divisore; 3) disposizione esclusivamente orizzontale dei resti, con eventuale aggiunta sulla stessa riga di una nuova cifra del dividendo: il famoso “abbasso una cifra”.

Il metodo per “danda” si è affermato ed è giunto fino a noi “essendo il partire (dividere) per danda più breve, e più facile” (15b). L’origine della denominazione “danda” è incerta. C’è chi la fa scaturire dal fatto che, nelle diverse fasi di esecuzione della divisione, ad ogni resto si deve “dare” una cifra del dividendo, fino ad esaurimento delle stesse. Secondo Pacioli, invece, essa deriverebbe dal procedimento usato per la determinazione del quoziente: vediamo se il divisore entra tre volte nel dividendo, se 3 è troppo poco, proviamo 4 volte, “damoli el 4...” (diamogli il 4...). Le divisioni a “danda” sono di due tipi: a danda lunga e a danda corta. Nella prima vengono esplicitate le sottrazioni per il calcolo dei resti; nella seconda, i resti sono calcolati mentalmente.

Divisione per danda lunga e per danda corta.