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4. gestire la realtà 265

camente, ma con la massima efficacia possibile, della loro soluzione.

In sé non vi è nulla di male in questo modo di affrontare la realtà, se non il fatto che, ignorando il contesto generale in cui il problema si pone, si corre il rischio di generare, con la “efficace” soluzione proposta, difficoltà spesso anche più gravi del problema iniziale.

Riprendendo l’esempio già proposto: la strada che verrà costruita sarà qualcosa di molto diverso dalle strade medievali o romane; infatti sarà realizzata non già adattandosi all’ambiente esistente, ma stravolgendo l’assetto del territorio: si perforeranno le montagne con gallerie e si creeranno viadotti sulle valli, si realizzerà cioè un manufatto che si imporrà sull’ambiente invece di integrarsi in esso.

Questa discrepanza non è dovuta al fatto che i Romani o gli uomini del medioevo fossero buoni e noi invece cattivi, ma solo alle differenti condizioni tecniche e operative, e anche al fatto che noi adoperiamo le risorse di cui disponiamo con lo stesso spirito con cui gli uomini del passato adoperavano le loro. Insomma: l’idea di poter risolvere un problema attraverso la semplice disamina dei suoi aspetti interni, pur essendo accettata e difesa dagli stessi appassionati di computer come valido metodo di lavoro e indice di un’impostazione culturale avanzata, è invece vecchia e profondamente negativa.

Chiaramente, come in tutte le cose, anche nelle attività impostate secondo questo schema culturale esistono casi nei quali gli operatori hanno agito correttamente e altri nei quali sono stati fatti scempi orrendi, ma questo è abbastanza marginale rispetto al giudizio sull’impostazione culturale in sé.

È vero che, proprio grazie ai computer e agli altri mezzi di cui disponiamo, è possibile progettare, realizzare e gestire un’autostrada con costi che sono solo una piccola frazione di quanto avrebbero dovu-