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gli affari del barone 157


chiedendo l’immediato pagamento di un terzo della somma e consentendo che il rimanente debito fosse saldato in due volte, giusta la proposta del barone. In mancanza del pagamento c’era l’ordine di denunciare il senatore Di Santa Giulia all’autorità giudiziaria. L’avvocato aveva creduto bene di rivolgersi tosto alla presidenza del Senato, informandola di ogni cosa, onde trovasse modo di evitare un così grande scandalo e di costringere il barone all’adempimento del proprio dovere. Allora la presidenza aveva telegrafato, il 29 giugno, a Passo di Rovese, richiamando a Roma il senatore Di Santa Giulia. Il primo luglio, alle quattro pom., poche ore prima che Elena e Clenezzi s’incontrassero da Loescher, un membro dell’ufficio di presidenza s’era fatto promettere dal barone che addiverrebbe al chiesto pagamento prima del 7, o rassegnerebbe le dimissioni da senatore del Regno.

Ora non c’era nessuna probabilità che Di Santa Giulia potesse trovare il danaro necessario. Lo si diceva invescato nei debiti fino ai capelli. Gli verrebbe in aiuto la famiglia di sua moglie?

«In questi casi» s’affrettò a conchiudere Clenezzi «non ci sono che i parenti.

«Credo» incominciò Elena «che la roba mia sia sfumata; e pensa lei che la mia famiglia non abbia mai fatto niente?

«Capisco; ma...

Elena pensò un poco.

«La somma? diss’ella.

«Dalle dodici alle quindicimila lire. Se si trovano, suo marito non deve manco vederle. Bisogna consegnarle all’avvocato Boglietti, prima di giovedì.