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alla camera 253


un signore entrato da pochi momenti osservò che l’aveva veduto uscire dalla Presidenza insieme al deputato Cortis.

«Ecco!» sussurrò la contessa Tarquinia. «Hai udito? si saranno intesi per questo discorso. Non c’è dubbio!

«Farini, Farini!» disse il signore pratico alle sue vicine. «Guardino Farini.

L’onorevole presidente della Camera entrò rapidamente e, scambiate poche parole con taluno dell’ufficio di presidenza, prese il suo posto. Elena aspettava palpitando che qualcun altro entrasse dietro di lui.

Entrò l’onorevole ministro Magliani, entrarono gli uscieri con i portafogli, li posarono sul banco del Ministero. Seguirono alla spicciolata una trentina di deputati, il campanello presidenziale ruppe con la sua vocina nervosa il rombo delle conversazioni, un segretario cominciò a leggere tediosamente, ad alta voce, qualchecosa cui nessuno badava. E Cortis non compariva. Ma Elena sapeva che aveva conferito col presidente, era più tranquilla.

«Dov’è il posto di Cortis?» le chiese sua madre. Elena non lo sapeva. Il signore pratico si affrettò di risponder lui con melata ufficiosità:

«Là, signora, nel terzo settore, vicino a quel deputato pallido colla barba nera. Eccolo il deputato Cortis. Arriva adesso. Là, signora.

Elena guardava a destra e Cortis entrava da sinistra a braccio d’un altro deputato. Attraversò lentamente l’emiciclo e salì al suo posto senz’alzare il capo alla tribuna. Elena non lo vedeva bene in viso, ma qualche cosa nel suo passo, nel suo atteggiamento le faceva male al cuore.