Pagina:De Amicis - Ricordi del 1870-71.djvu/235

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il circolo filologico di torino. 221

finisca la lezione, esser uno dei primi a saltar fuori e a fare strepito giù per le scale e a mescolarmi allegramente a quella svariata scolaresca di giovanotti, di uomini maturi, di negozianti, di dottori. Oh mi piace, sento che mi farà bene, e scommetto che fa bene a tutti. Vi sono due cose che è utile guardare di tanto in tanto, e pensarci su, che dicono sempre qualcosa di nuovo e di buono, un bel cielo stellato e una stanza con una cattedra e tre o quattro file di banchi.”

Diedi poi un’occhiata alle iscrizioni, e lessi un proverbio arabo che dice: «Ciascuna lingua vale un uomo.»

Un detto del Baretti: «Il progresso cresce gigante là dove si ciba di giornali esteri; dove no, resta nano.»

Uno del Napione: «Le traduzioni producono presso a poco lo stesso effetto che i viaggi per l’ingegno.»

Uno di Carlo Quinto: «Un hombre que conozca cinco lenguas es igual à cinco hombres.»

E avanti, in ogni stanza, in ogni andito, sopra ogni porta c’è una sentenza o un consiglio o un eccitamento allo studio.

Sopra un tavolino, accanto alla porta d’uscita, trovai un regolamento e gli diedi una scorsa. Vi sono delle buonissime cose; i fondatori del Circolo hanno veramente saputo ricavare dall’istituzione tutti i vantaggi che poteva dare. Per esempio, sul finire di ogni corso si apre un esame per chi lo vuole, e a coloro che lo superano vien data una patente di conoscenza pratica della lingua, della quale il municipio e le amministrazioni private tengon conto fra gli altri titoli prodotti per ottenere un impiego. Ogni anno sono ammessi gratuitamente al Circolo dieci giovani sprovveduti di mezzi propri per frequentare le scuole private. V’è un ispettorato per ogni lingua, composto di due soci nominati dal Consiglio, che sopraintendono alla esatta osservanza dei programmi e dei regolamenti. Ogni professore è obbligato a stendere una relazione