Pagina:De Amicis - Ricordi di Parigi, Treves, Milano 1879.djvu/201

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198 ricordi di parigi.


Poi un po’ l’uno e un po’ l’altro ricominciarono a raccontare delle barzellette, col proposito espresso, credo, di rallegrarlo; ma ci riuscivano di rado. Di tratto in tratto egli girava lo sguardo intorno, e lo fissava su di me o sul giovane belga, come se s’accorgesse soltanto in quel momento che noi eravamo là, e per toglierci questo sospetto, ci salutava con un sorriso benevolo e rapido, che voleva dire: — Non vi scordo. — Poi gli ridiscendeva sul viso, come una visiera, la sua tristezza.

E intanto io spiavo l’occasione di potergli dir qualche cosa in un cantuccio, che nessun altro sentisse. Ah! non mi mancavano mica, allora, le cose da dirgli. Il coraggio m’era venuto, mille domande mi s’affollavano. Avrei dato un anno della mia vita per poter esser solo un’ora con lui, e afferrarlo per le mani, e dirgli sfrontatamente, guardandolo fisso: — Ma insomma, Hugo! Io voglio leggerti dentro! Che cosa ti senti nel sangue quando scrivi? Che cosa vedi intorno