Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
emilio zola. | 253 |
Ecco, — disse, — come faccio il romanzo. Non lo faccio affatto. Lascio che si faccia da sè. Io non so inventare dei fatti; mi manca assolutamente questo genere d’immaginazione. Se mi metto a tavolino per cercare un intreccio, una tela qualsiasi di romanzo, sto anche lì tre giorni a stillarmi il cervello, colla testa fra le mani, ci perdo la bussola e non riesco a nulla. Perciò ho preso la risoluzione di non occuparmi mai del soggetto. Comincio a lavorare al mio romanzo, senza sapere nè che avvenimenti vi si svolgeranno, nè che personaggi vi avranno parte, nè quale sarà il principio e la fine. Conosco soltanto il mio protagonista, il mio Rougon o Macquart, uomo o donna; che è una conoscenza antica. Mi occupo anzi tutto di lui, medito sul suo temperamento, sulla famiglia da cui è nato, sulle prime impressioni che può aver ricevute, e sulla classe sociale in cui ho stabilito che debba vivere. Questa è la mia occupazione più importante: studiare la gente con cui questo personag-