Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/490

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484 valenza.


stri grandi pittori; quel sentimento vago e gentile di curiosità con cui vi si parla delle nostre città famose; l'entusiasmo con cui vi si ascolta la nostra musica, l'impeto degli affetti, la foga del linguaggio, il ritmo della poesia, gli occhi delle donne, l'aria, il sole. Oh! bisogna che non ami neppur la sua patria, l'italiano che non prova un moto di simpatia per quel paese, che non si sente inclinato a scusare i suoi errori, che non deplora sinceramente le sue sventure, che non gli augura la buona fortuna. Belle colline di Valenza, sponde ridenti del Guadalquivir, giardini fatati di Granata, casine bianche di Siviglia, torri superbe di Toledo, e strade rumorose di Madrid, e venerande mura di Saragozza, e voi, ospiti affettuosi e cortesi compagni di viaggio, che mi parlaste d'Italia come d'una seconda patria, che dissipaste colla vostra festiva gaiezza le mie malinconie vagabonde; io avrò sempre in fondo al cuore un sentimento di gratitudine e di affetto per voi, e custodirò nella mente le vostre immagini come uno dei più cari ricordi della mia giovinezza; e penserò sempre a voi come a uno dei più bei sogni della mia vita.

Queste parole dicevo tra me, guardando a mezzanotte Valenza illuminata, appoggiato sul parapetto del bastimento il Genil, ch'era sul punto di partire. S'erano imbarcati con me alcuni giovani spagnuoli che andavano a Marsiglia, per far vela da quel porto alla volta delle Antille, dove sarebbero restati per parecchi anni. Uno di essi piangeva in disparte. A un tratto si alzò, e guardò verso la riva, in mezzo a due