Pagina:De Lorenzo - Sciotel - Vicende della colonia del Padre Stella e progetto per restaurarla, Napoli 1887.pdf/180

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za, s’innalza, invade le piante vicine, e poscia, quasi disdegnandole, si arrampica sui più alti alberi, ne sorpassa la cima, e mette fuori fiori e frutti, di colori sì vivi e così grossi che, a chi non lo sapesse, parrebbe che dovessero appartenere a qualche albero gigantesco, atto a sfidare i secoli.

Ma che è? che non è? ai primi rigori del verno le sue foglie s’ingialliscono, cadono; il suo fusto, tutto ad un tratto, si essicca, e la superba pianta muore: era una zucca.

Vedete invece quell’altra pianticella; ha appena una o due foglioline; il più piccolo filo d’erba, l’umile violetta mammola la sorpassano, e potrebbe sradicarla financo un bimbo di fresco nato, tanto è tenera e debole. L’erba però, la viola, e le altre pianticelle che l’attorniano, che l’opprimono, alla fine della loro stagione periscono; ma la pianta piccioletta resiste ancora; resiste alla neve, resiste al frigido aquilone, ed ogni novella stagione l’arricchisce di nuove foglie; incomincia a mettere qualche ramoscello, non è più oppressa, ha la sua parte di luce e di sole, ed ecco che gareggia in altezza con le sue vicine.

Gli anni trascorrono veloci; intorno ad essa, divenuta già albero, si avvicendano generazioni di piante e di animali, ed essa resiste sempre, ed ogni anno aumenta i suoi rami; dà dei frutti piccoli ma abbondantissimi, e, caso strano, le piante che le fan co-