Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/225

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La maggior parte erano giovani, ambiziosi, avidi di gloria e di piaceri. Chi sedeva sulla tavola, chi sulla sponda del canapè, chi a cavalcioni delle sedie. V’erano anche degli ufficiali nelle splendide divise e un acuto profumo di sigarette rendeva l’aria ancor più calda e mordente.

«U barone» seduto in mezzo e quasi dimenticato fra tanti giovani illustri, venuti da tutte le parti d’Italia a rappresentare il fasto della patria aristocrazia, ebbe un momento di raccoglimento e di riposo e potè abbandonarsi un minuto al suo pensiero.

Sentiva di avere ormai esaurite tutte le sue forze attive e che troppo disuguale era la lotta tra un vivo e un morto.

Il prete era più forte di lui.

Ammazzato, sepolto, schiacciato da una grossa pietra e da un mucchio di mattoni e di sabbia, «u prevete» aveva cacciato fuori prima il suo cappello. Inutilmente egli aveva tentato di affogare anche il cappello in fondo al mare; «u prevete» aveva la mano lunga.

Per Dio! se non basta uccidere un uomo con due tremende mazzolate sulla nuca; se non basta tutto il mare Mediterraneo a coprire un segreto; se uccidere un uomo significa farlo vivere più di prima; se nasconderlo in una cisterna vuol dire fare in modo che egli occupi di sè tutta una città, tutta la stampa, la magistratura, il telegrafo, le botteghe dei barbieri, i bot-