Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/57

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Un fischio risonò nella verde bassura, e dietro il fischio il vento portò il rombo del treno che veniva da Napoli. Suonò il tocco al campanile della parrocchia.

— Verrà? — domandò una voce paurosa.

Nessuno rispose a quella voce.

Per quanto non superstizioso, volle credere per un istante ai segnali. Se il prete veniva, era segno che bisognava agire.

Un altro fischio indicò la partenza del treno.

Dalla stazione al cancello della villa era una passeggiata di dieci minuti, ma quel prete camminava col passo della lumaca!

— Non è venuto! — disse una volta con un soffio di gioia il barone. E pensava già di partire.

Che cosa faceva egli in un deserto? Che cosa era venuto a fare?

Aveva fame!

Da un pezzo sentiva un certo dolore allo stomaco e non pensava che potesse essere fame. Ora se ne accorse tutto ad un tratto, e un brivido di raccapriccio corse per tutta la sua vita.

Egli pativa la fame. Era proprio la fame?

Quando mai uno dei suoi aveva conosciuta questa malattia? Lo stomaco provava dei crampi dolorosi.

— Quando?

Il barone fissò l’occhio verso il fondo del viale, dove gli era parso di veder svolazzare un non so che di nero.