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il secolo agonizzante 23

l’esoticismo di Pietro Loti e il cosmopolitismo di Paolo Bourget. Ma anche qui c’è una contraddizione evidente. Uno scrittore appena ieri sepolto fra l’universale rimpianto, e oggi più che mai vivo nelle opere, ha ottenuto ed ottiene la maggiore, la più pura ammirazione, per avere candidamente osservato e riprodotto il suo cantuccio natale. Mentre altri trionfa descrivendo i costumi giapponesi e la vita dei grandi alberghi cosmopoliti, Alfonso Daudet conquista la gloria descrivendo il Mezzogiorno, scoprendo Tarascona, creando Tartarin e Numa Roumestan. C’è dunque posto per tutti.

Torniamo alla filosofia; consideriamo il caso dello Schopenhauer. Lungamente disconosciuto, costui fu ed è onorato come pochi altri. Vuol forse dire che il pessimismo è l’ultima nostra parola? Sarebbe una cosa tutta negativa; ma, non riuscendo ad affermar nulla, avremmo pure une fiche de consolation sapendo almeno negare. E il secolo, cominciato coi turbamenti, con le delusioni e con le malinconie, potrebbe recitare compunto il credo disperato del filosofo di Francoforte. Se non che: studiate la sua vita, leggete il suo epistolario: vedrete che egli stesso operava contrariamente alla sua fede; i suoi atti e le sue idee facevano a pugni. «Egli che voleva conoscere la vita, il mondo, l’universo», sono pa-