Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/116

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scelgono i loro capi, tutti si considerano eguali. Ora ciò chiamasi ideale immediato come la prima apparizione, affacciasi per la prima volta alle genti cristiane.

Abbiamo un monumento immortale di poesia, uscito da questo ideale. Non parlo della Bibbia, la poesia delle poesie, e nemmeno del Vangelo, che in tempi più lontani ci presenta l’ideale non ancora profanato dagli uomini. Parlo anche di inni, quelli della Chiesa. Sapete che anche oggi essi sono viventi in musica: il De Profundis, il Te Deum, il Miserere anche oggi ispirano le immaginazioni musicali. E quegli uomini che li composero non avevano l’abilità tecnica, non l’ingegno del Manzoni, maneggiavano una lingua ad essi pervenuta per tradizione, parlata difficilmente, mezzo barbara, il latino. Eppure in quegl’inni quanta vita voi sentite! C’è l’ideale innanzi alla coscienza, il quale prorompe vivo perché penetrato nell’animo, ed esce dall’animo di chi lo contempla.

Ricordate che vi parlai dell’«intimità», che può essere proprietà di tutto un popolo. Ebbene, che cosa rende immortali quegl’inni, con tanta vita in quella lingua aspra, rozza? È questa intimità. È che quei Santi Padri, quegli uomini che innalzano le loro parole al cielo, avevano Dio non fuori, ma dentro di loro, intimo. Notate bene questo, perché v’indica la piaga della poesia italiana. Noi possiamo concepire colla mente la patria, la famiglia, la nazione, la religione, la gloria, l’amore; ma tutte queste cose sono ancora fuori di noi, non sono ancora ideali, non sono poesie.

Quando sentiamo quelle concezioni diventar parte della nostra esistenza, parte dell’anima nostra, in modo che non possiamo vivere senza quel mondo dentro di noi; allora quelle che erano innanzi concezioni intellettive, diventano sentimento, non le vediamo solamente fuori, le sentiamo, e questo sentirle si chiama «intimità». Ecco quello che fa trovarci l’intimità in Dante, in Petrarca, negli scrittori primitivi, ecco il segreto che rende quegli inni musicati sempre vivi, perché non sono la voce dell’artista, ma dell’anima che sente il bisogno di volgersi a Dio e ci è la profonda semplicità dello scrittore.