Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/268

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diocri. Così diciamo: talento di osservazione, perché ciascuno che ha occhi può osservare più o meno: l’osservare è un talento. In poesia il talento è immaginare una totalità, coordinarne le parti, serbare l’armonia fra esse, fare che non vi sieno dissonanze, ed anche un po’ carezzare la frase, colorire le immagini, fi la poesia degli uomini mediocri, de’ poeti di second’ordine come il Prati e l’Aleardi. Non c’è l’ingegno, né a maggior ragione il genio; e si spiega perché dopo Ariosto e Tasso, per esempio, segua una lunga schiera d’imitatori, scrittori mediocri.

L’«ingegno» è di pochi, ed un paese si onora quando rispetta quelli a cui si può applicare questa parola. È la vista interna, nel di fuori guardare il di dentro. Goethe dice: — Il tesoro s’ha da cercare nelle profondità della terra — ;e Heine dice: — La scienza s’ha da cercare nelle profondità della natura — . Questo squarciare la superficie e vedere ciò che di spirituale o di segreto motivo è nel di dentro, ecco la vista dell’ingegno. L’ingegno del poeta non è soltanto una vista dall’alto e da lungi come quella del filosofo e del naturalista: è una forza produttiva. Non solo spiega la vita, ma la produce. Perciò pel poeta non basta vedere bene i caratteri, la parte psicologica: ciò che basta al filosofo; egli deve avere la volontà di riprodurre e mettervi innanzi quella parte. Chi ha questa forza ha veramente la volontà della produzione; quando l’uomo ha la forza di far certe cose, nasce in lui la volontà di farle, e se non le fa rimane insoddisfatto. Un poeta cui quella forza manchi, difetta di calore, produce il secco, l’arido, è debole nel colorito: come il Gravina nelle sue tragedie. Nell’arido sentite che lo scrittore mentre produceva si annoiava, rimaneva fuori della sua produzione, e siccome il poeta riflette generalmente sul lettore le stesse impressioni che sente lui mentre produce, ciò che annoia lo scrittore e lo distrae, annoia e distrae il lettore. All’opposto supponete una forza produttiva che sia una velleità, sì che il poeta deve produrre con fatica; allora non potendo cogliere il vero, lo esagera, va nel gonfio, nell’esagerato. Nella sua produzione sentite la fatica, lo sforzo; e ne è indizio la mancanza di brio e di facilità.