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Il comico è di due specie (ma bisogna distinguere le ramificazioni del comico, come il Burbero benefico, il Pantalone, il Dottore, ecc., dalle note fondamentali del comico). Una si riferisce all’intelligenza, ed è la sciocchezza, la dappocaggine; l’altra alla volontà, ed è la paura, la mancanza di tempra.

Il primo momento comico del pensiero italiano è Calandrino. Il comico di Boccaccio è della prima specie, annunzia il risveglio dell’intelligenza negl’italiani, per cui la superstizione, l’ignoranza, la grossolanità devono parer comiche. È la borghesia intelligente che si spassa a spese della plebe ignorante, di Calandrino e de’ suoi seguaci.

Accanto a questo comico plebeo c’era un altro che offrivasi innanzi all’intelligenza già adulta della borghesia italiana. Era il prete che abusava dell’ignoranza della plebe, le dava a credere i più assurdi miracoli, le cose più strane, o per la bottega per far danaro, o per libidine, o per altri scopi particolari. Nel Boccaccio dirimpetto a Calandrino troviamo il frate, il prete, l’eremita, che cercano d’infinocchiare quella buona gente. L’Italia ha avuto un grande carattere di questo genere, come precursore di un grande carattere comico francese: il fra Timoteo della Mandragola di Machiavelli, un personaggio che si serve della sua istruzione e della sua autorità morale su gente bassa per ingarbugliarla. Lo sciocco plebeo dunque e il prete impostore sono la doppia base del comico di quei tempi.

Dopo il Concilio di Trento il prete sparì dalla scena, fu proibito. Ma siccome la malizia cresce a misura del rigore della legge, invece del prete comparì l’astrologo, che adoperando la scienza come gli zingari, ingannava l’ignorante. Il prete non comparve d’allora in poi, sino ai Promessi Sposi, in lavori letterari; eccetto certi scritti osceni, spesso fatti dai preti stessi: e già per ciò che ho detto vi sovviene dell’abate Casti.

Questa seconda nota fondamentale del comico dopo il Cinquecento si andò molto modificando. Le classi più odiate dalla borghesia, per la quale la plebe era oggetto di scherno, erano i nobili e i preti. La nobiltà anch’essa, quando non fu più degna del suo nome, e vana solo dei «magnanimi lombi», ebbe il suo