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riori, che l’uno sulla fede dell’altro lo tennero reo di tradimento e punito con giustizia dal Senato Veneto, e gli parve che il Conte fosse innocente senza che il Senato fosse reo. La sua tragedia ha un interesse storico, che si fa valere per se stesso, fuori della poesia, la riabilitazione del Conte di Carmagnola.

Chi abbia ragione o torto, Pietro Verri che accusa, o Manzoni che difende, poco importa: la tesi appartiene agli storici. Guardiamo la tragedia.

I critici italiani e francesi guardarono subito al suo meccanismo, Era la negazione di Corneille, di Racine, di Alfieri. E il vecchio classicismo si risentì. Ecco in qual modo questa tragedia avrebbe dovuto esser condotta col metodo classico. Chauvet, dopo di averne fatta la critica, rifà la tragedia. Secondo il critico francese, il quarto atto dovrebbe essere il primo; i tre atti che precedono sono superflui. La sua tragedia comincia quando scoppia la lotta tra il Senato e il Carmagnola, non potendo essere questa tragedia che la rappresentazione della lotta. Nasce ciò che in linguaggio drammatico dicesi «collisione», il conflitto, forze opposte a forze. Il Conte è appoggiato sul suo esercito: la moglie e la figlia non dovrebbero rimanere oziose e comparire solo in ultimo a piangere, dovrebbero operare anche loro; anche il popolo dovrebbe prender parte pel Conte contro quell’oligarchia sospettosa che dice vasi Senato. Da una parte dunque, il Conte, col popolo, l’esercito, la sua famiglia; dall’altra il Senato e tutti gli elementi governativi: ecco già materia sufficiente per cinque atti. E Chauvet aggiunge: — Dovrebbe avvenire che il Conte, vicino a schiacciare il Senato, tutt’a un tratto si arrestasse trattenuto dal sentimento dell’onore e dalla fedeltà alla parola data. Nascerebbe la collisione al di dentro di lui, e mentr’egli esita e delibera, il Senato lo fa arrestare e condannare — . Questo è il disegno del classico Chauvet. Come si vede, neppure il 1815 era riuscito a quadrargli la testa. La sua tragedia è un misto di colpi di Stato, colpi democratici, e colpi melodrammatici.

Manzoni nella sua celebre lettera in risposta al critico confuta il disegno con osservazioni giuste, che meglio chiariscono