Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/43

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ii. la poetica di manzoni 37

di natura, e appunto in questa distinzione sente e gusta l’arte. Ma se l’arte non è illusione, se ha fine proprio e mezzi proprii, come può fine dell’arte essere l’illustrazione di un’epoca, di un personaggio o di un fatto storico, e sua materia essere il reale positivo, sia storico, sia naturale? Può, ove l’arte cessi di essere sostanza, e diventi un semplice istrumento, una maniera di esposizione più facile e dilettevole, che divulghi e renda popolari le notizie scientifiche, storiche e naturali, come sono le Lettere, i Dialoghi, i Viaggi, e forme simili. Può la storia trarre dall’arte i suoi colori, e può l’arte trarre dalla storia il suo materiale. Avrai storie poetiche e poesie storiche. In tanta vicinanza di confini, in tanta strettezza di relazioni può l’una aiutare l’altra ad ottenere il suo fine, a patto che resti un semplice aiuto, un accessorio utile. Sono generi di scrivere mescolati, che a poco a poco purificandosi, acquistano coscienza di sé, e si separano e traggono i loro mezzi dal fondo proprio. Filosofie poetiche diventano la filosofia; storie poetiche diventano la storia, e poesie storiche o filosofiche diventano la poesia, si purificano anche loro, acquistano coscienza di sé. È la naturale elaborazione della vita, che procede sempre verso la distinzione.

Quando l’immaginazione abusa dei suoi mezzi, esagerando ed astraendo la vita, ecco, il reale è là che la richiama nei suoi confini. Il sentimento del reale diviene l’energia della nuova critica, come fu negl’inizii del secolo decimottavo, e come ritentò Manzoni nel secolo appresso. Ponendo a base dell’arte il reale positivo, Manzoni incoraggiava gli studi serri, raffrenava i soverchi trascorsi dell’immaginativa e dell’astrazione, avvicinava l’arte ad una forma popolare, organica, sciolta da ogni meccanismo preconcetto, svezzava gli spiriti da quelle facili costruzioni improvvisate in pochi giorni, arricchiva l’arte, gridandola in regioni inesplorate, di nuovi elementi e di nuovi motivi. Nella sua critica c’era dunque molto di vero e di utile, e la sua riforma è rimasta come un salutare e serio avviamento dato all’arte. Ciò che è morto, è appunto la sua esagerazione, quella sua confusione fra il vero ed il reale, o, se piace la parola reale, tra il reale artistico e il reale naturale e storico, o per dirlo in una parola, il reale positivo, l’esistente e l’avvenuto. Natura e