Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/103

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xi. 1819 - gl’idillii 97

e poco ha invaso l’intelletto. Sente e gli par di credere. Ma non si scherza impunemente col cuore. A forza di nutrirli e di accarezzarli, questi sentimenti si fissano e diventano un vizio dell’intelletto, un dato modo di concepire o di giudicare; diventano le idee fisse. E chi guarda a queste lettere, vede già quanto progresso ha fatto il male. Sono ancora sentimenti, è vero, ma così coordinati, con uno sviluppo così logico, in una forma pensata, che hanno già aspetto, non solo d’idee, ma di un sistema. L’intelletto è già attinto e il male è più grave ch’egli non creda, soprattutto in un intelletto predisposto da opinioni e dottrine filosofiche ancora in voga, e naturalmente acuto e meditativo.

Appunto perché queste idee fisse nascono dal cuore, sono non astratte ed intellettuali, per le quali s’interessi il solo filosofo, ma sono vive, partorite in mezzo al dolore, e accompagnate dalle lacrime, colla loro ripercussione in tutte le forze e i sentimenti della persona. Il poeta è il primo martire delle sue idee e fa sentire il suo martirio. Sicché dietro al suo pensiero, anche nelle regioni più elevate, vedi sempre l’uomo che lo concepisce e lo rappresenta non secondo criterii generali, ma secondo lo stato della sua anima. E questo rende la sua lirica sincera e interessante e vera poesia. Si piglia un vivo interesse non solo al poeta, ma all’uomo, suo inseparabile compagno.

Queste idee fisse, divenendo a poco a poco il suo modo abituale di vedere il mondo e, com’egli dice, «il vero», vanno ad urtare in un altro ordine di sentimenti, divenuto già sua natura e parte indivisibile della sua vita. Perché Leopardi a quell’età era già un essere morale compiuto. Non era più religioso nel senso volgare di questa parola, non aveva più fede in certi dogmi; ma aveva un sentimento vivo dell’infinito e dell’eterno e del mistero delle cose, ciò che è appunto il sentimento religioso. Questo sentimento si accompagna col disprezzo di tutto ciò che è finito, o, com’egli dice, mondano, piacere mondano; e nessuno più di lui ha così poca stima di tutti quei fini particolari, appresso ai quali corre il comune degli uomini, le cui azioni a lui paiono vane, e perciò vero ozio. Talora, a sentirlo a parlare della vanità della vita, ti pare un cenobita o un santo padre. La

7 — De Sanctis, Leopardi.