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134 giacomo leopardi
Col matrimonio finiscono le larve e gli errori, dono del cielo, che abbellano la giovinezza1, e si entra nella realtà della vita. E che cosa è la realtà della vita? È polvere e suono, un vano agitarsi e affaccendarsi, di cui non resta che la polvere e il rumore. E non solo il matrimonio è trista cosa per gli sposi, che perdono le illusioni giovanili, ma pe’ figli anche, per necessità o infelici o codardi. Bel modo in verità di felicitare la sposa e di celebrare le nozze! È un canto funebre, la vita in tragedia. La sola consolazione di Paolina è che i suoi figliuoli, educati virtuosamente, saranno lodati in morte, quanto furono spregiati in vita:
Virtú viva spregiam, lodiamo estinta.

       Ma Paolina presto scompare come un a solo schiacciato dal coro. E il coro sono le donne:

    Donne, da voi non poco
La patria aspetta.

Il vostro potere è grandissimo sugli uomini: non amate i codardi; imitate la donna spartana, imitate Virginia. —

Questo è il vero contenuto della canzone: la missione educativa della donna foggiata a modo classico. Nelle idee si sente Alfieri, nella forma si sente Foscolo.

C’è qui una materia comune alle altre canzoni patriottiche, l’età obbrobriosa. Materia ivi sviluppata tra lo sdegno e la meraviglia, come cosa nova, in una forma oratoria che le dava chiarezza e disinvoltura. Qui è divenuta crudo pensiero, come cosa abituale e risaputa, e più colpa del fato, o del cielo, che degli uomini. Il poeta è come colui che riparla di cose più

  1. Il poeta dice: Le beate larve e l’antico error, cioè le illusioni che da tempi antichissimi parvero cose reali, e paiono oggi ancora nella età giovanile. È la principale idea fissa di Leopardi, e lo impicciniscono quelli che credono avere egli voluto alludere alla Madonna di Loreto. Simili miserie troviamo negli interpreti di Dante e di Petrarca.