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326 | giacomo leopardi |
Al conte Pepoli, che gli chiedeva particolari della sua vita, Leopardi rispose, cominciando la sua storia fino dal decimo anno. Di molti uomini celebri si narra la puerizia maravigliosa e Prospero Viani ricorda il Tasso e ricorda Pico della Mirandola e Poliziano, famosi per gli studi della eroica adolescenza. Vita presto cominciata e presto finita. Poliziano mori a quaranta anni, Pico a trentasei, e Leopardi a trentanove.
E cosa era Leopardi a dieci anni? Era il Contino, figlio del conte Monaldo, e aveva il maestro in casa, ché i nobili non degnavano di mandare i figli nelle scuole pubbliche, un maestro che gli insegnò poco italiano, ché l’italiano tutti lo sanno, e molto latino, e anche un po’ di francese, come voleva la moda. Ho visto io fanciulli anche di otto anni che con molta volubilità e sicumera ti parlano di generi, numeri, casi e avverbii, e coniugano e declinano, e citano a mente «squarci» di poesia e dicono ai genitori incantati: «Comment vous portez-vous?». Sembrano miracoli e non sono che macchinette ben montate. A dieci anni, il maestro, vuotato il sacco, non aveva piú nulla da dirgli e il fanciullo rimase maestro di sé. A quella etá la vita è una rivelazione dell’avvenire, perché ciascuno ha l’istinto di quello per cui è nato, e mena la vita conforme a quell’istinto. L’uomo nato all’azione mena vita chiassosa di caffè, di club, di piaceri; animo meditativo e solitario, nel fanciullo si svegliò la febbre dello studio, indizio sempre di ingegno eletto e di seria volontà. E si chiuse nella biblioteca patema, aperta anche al pubblico, ma dove non andava altri che lui, e vi si seppellì per sette anni, salvo passeggiate solitarie pe’ campi e pe’ colli. A Pietro Giordani, che lo scongiura di mettere un po’ di misura nel suo lavoro, risponde aver fatto il possibile per ridurre lo studio a sole sei ore al giorno! E c’era anche la notte. Carlo, il fratello, c’informa che dormivano nella stessa cameretta, e a tarda notte, svegliandosi, lo vedeva con l’occhio ne’ libri, profittando di un ultimo barlume della lucerna che si spegneva. Studiando a quel modo per sette anni, s’immagini quale massa enorme di conoscenze poté entrare in quella testa.
I primi suoi studi furono di lingue. Studiò latino e greco e ebraico, di francese, spagnuolo e tedesco quanto gli bastava per far suo tutto quell’immenso sapere raccolto in quella biblioteca. E crebbe a immagine della biblioteca, sua seconda maestra.
Cosa poteva essere una biblioteca, si può congetturare facilmente. Era a base classica e biblica con aggiunta di libri varii di valore e di materia de’ tempi posteriori sino al secolo decimottavo. E questa fu la base della sua coltura. Studiò classici greci e latini e autori biblici e alessandrini sino a’ santi padri, e spronato dalle due forze di quella prima età, la memoria e la curiosità, studiò autori di ogni tempo e di ogni valore, come portava il caso e il desiderio. E non solo studiava, ma faceva sunti e trascriveva quei luoghi che gli parevano più importanti.