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questo brano «La noia... annoiarmi» manca in Ro; ivi rr. 28-29: «Le sue idee sulla nostra letteratura diventano più concrete», Ro «Il suo gusto si è già raffinato»; ivi rr. 35-36: «Con quest’occhio più acuto ripete il suo giudizio che quasi tutto è a rifare», Ro «Con quest’occhio più acuto gli si è mutato il giudizio della letteratura italiana e biasima ora quello che lodava prima, trova che anzi tutto è a rifare». P. 104 r. 36: «uno schizzo appena», Ro «uno schizzo indiretto». P. 105 r. 9: correggiamo «Nostre misere salme e nostre menti» in «Nostre misere menti e nostre salme» forma corretta del verso leopardiano come si legge alla citazione degli stessi versi a p. 104. Correggiamo ugualmente a r. 11 «e mai non vivrai» in «e mai più non vivrai» (come si legge a p. 104) e a p. 106 r. 24: «mai» in «più» (come si legge correttamente a p. 94 r. 19).

Cap. XII, p. no rr. 1-2: «Il dualismo si accentua in questo anno. La malattia continua, e con essa il suo torpore. Il 20 marzo», Ro «L’anno appresso continua la sua malattia con qualche momentaneo sollievo. Il 20 marzo». P. 111 rr. 1-2: il periodo «Viene... lui» sostituisce il seguente brano di Ro: «Sempre quei mali e quei sentimenti. E a poco a poco gli si formava un linguaggio abituale che vi corrisponde e i sentimenti si fissano, diventano opinioni, pigliano aspetto filosofico. Questo si vede già nella lettera a Giordani del 6 marzo. Sospirava la primavera come l’unica speranza di medicina allo sfinimento dell’animo». P. 112 r. 14: «Questa lettera a Giordani», Ro «Questa lettera». P. 113 r. 26: «sicché tristi sono i meno felici». Correggiamo in «sicché i tristi sono i meno felici» come richiede il senso del discorso in relazione alle parole leopardiane che seguono nel testo. P. 114 r. 6: dopo «speranze» in N è cancellato: «e d’immaginazioni»; ivi r. 22: dopo «desiderio» Ro ha: «Logicamente non dovrebbe essere così. La poesia dovrebbe essere l’apoteosi del vero e della morte, e la condanna dell’illusione e della vita. Ma l’arte come la vita, non va a fil di logica. E coloro che veggono da per tutto il suo nullismo, non hanno senso d’arte»; ivi r. 26: «Questo era l’anno che dilatavasi ecc.», Ro «In quest’anno, mentre Leopardi si abbandonava alle sue meditazioni solitarie e le confermava e le coordinava nel suo spirito, dilatavasi ecc.»; ivi r. 35: dopo «solitudine» Ro ha le seguenti parole: «pensava a tutt’altro che a quelle prime canzoni, e si raccoglieva in sé e vedeva tutto scuro, perduta ogni speranza di sé e della patria».