Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/121

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reminiscenze 115

ancora andare. Sono sceso lemme lemme, per una scala erta, che mi hanno detto menare alla chiesa della Madonna dei Sette Dolori. Guardo e guardo: cercavo la casa dov’erano i Fernandez, e non trovo nulla, e non ravviso la strada. L’ingegneria, per fare il corso Vittorio Emanuele, ha disfatto due strade belle a quei tempi miei, quella di San Pasquale e l’altra di San Martino. Scendo e scendo, e non mi ci raccapezzo. Giunto alla chiesa, respiro: tutto mi torna a mente. Laggiù è Magnocavallo, la strada nobile che mena a Toledo. Ma io piego a mancina e fo adagio quella scalinata lunga e sozza, fermandomi a ogni tratto, e mettendomi la mano sulla fronte, come se volessi evocare la mia giovinezza, vissuta in quelle parti. Giungo al palazzo ove abitavano e non so se abitano ancora i Minervini. A dritta è la strada del Formale. Mi ci avvio quasi automaticamente, ancorché non fosse la mia strada. Ma era la strada della mia prima giovinezza, piena di memorie. Da quella parte la via è incassata tra due mura alte e nude di vecchi conventi, entro di cui sono incavati certi primi piani e certe stanze terrene, simili a covili: un putridume. Le vedo imbiancate, ripulite, e vedo la via bene spazzata. — Manco male, — dissi; — qui c’è progresso — . L’occhio da lontano afferrava già il portone numero 23. Mi ci fermo, e quell’entrata, dove sonarono già i miei clamori fanciulleschi, mi pare sporca e umida. Certi monelli cenciosi mi guardavano con un occhio interrogativo, come volessero dire: — Cosa vuole questo signore? — Mi fo un po’ lontano, ed alzo un’occhiata su al terzo piano, e veggo una donnicciuola ingiallita, d’aspetto volgare e civettuolo, li sul balcone dove io soleva declamare le ottave del Tasso. Mi pare proprio un insulto quella donna. Scendo ancora e do un’occhiata obliqua al numero 39, a sinistra, dove fui così spesso a visitare zia Marianna, con zio Carlo e Giovannino. E dove sono ora? Vengo in malinconia e rifò i miei passi, e m’imbocco per la strada Rosario a Porta Medina. Giunto al larghetto dove è posta la chiesa, mi batté il cuore, ché presso v’è la casa da me abitata. Entro risolutamente nel cortile e guardo la scalinata. — Cosa volete? — dice una vecchiarella. — Eh! niente. Qui ho abitato, più di