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138 la giovinezza

cevo che l’orgoglio è il sentimento della dignità, ed è nell’uomo e nella donna la guardia della virtù; e chiamavo la superbia una maschera della dignità, una menzogna. — La vita, — dicevo, — è una missione determinata dalle forze che ciascun uomo ha sortito da natura, e che ha il dovere di svolgere secondo i grandi fini dell’umanità: la scienza, la giustizia, l’arte, che con parole del tempo si chiamavano il vero, il buono, il bello. La dignità non è cosa passiva, e non è cosa esteriore; il decoro è la sua apparenza, non è lei. La dignità è uno sforzo verso il meglio, che nobilita la persona — . Queste idee mi venivano fuori, non in forma di lezione, ma secondo l’occasione e trovavano il loro luogo specialmente nella critica degli autori e nelle mie prolusioni. Ho trovato nelle mie vecchie carte vari brani d’un discorso che pronunziai in quell’anno. Voglio riferirne alcuni, che daranno un concetto della scuola: «Ed ecco, noi siamo qui insieme un’altra volta: amico, rivedo gli amici miei. Con questa cara parola ci separammo l’ultima volta, e questa cara parola mi ritorna ora sul labbro. Voi, giovani, che qui la prima volta venite, specchiatevi in coloro ch’io ho chiamati col nome di amici miei; e il loro esempio vi mostri che delle lettere il primo frutto è gentilezza; e ricordatevi che spesso la bontà genera la sapienza e il cuore ispira la mente. Questo è il fondamento della nostra scuola; e quando vi sarete avvezzi a scrivere quello che avete prima sentito, voi non descriverete più battaglie, assedi, tempeste, tombe e cimiteri, e non scriverete più lettere di complimenti, di congratulazione, di lode, voi, giovani sdegnosi dell’adulare, e schivi di quelle civili menzogne che chiamano cerimonia e convenevoli. No: preparatevi a scrivere con verità e naturalezza, serbando inviolata in voi l’umana dignità. Sia questo il principio e l’insegna della nostra scuola».

Queste idee non erano rettorica, anzi talora mi venivano di rimbalzo dalla stessa scuola. Alitava sopra tutti uno spirito pieno d’amore, come direbbe Dante, il quale ci teneva stretti intorno alla bandiera, alti sulla vita comune. L’esempio più puro e più attraente era Camillo De Meis, carattere eroico nella maggiore naturalezza.