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290 la logica di hegel

sto o nella sua propria determinazione, esso non è tolto o posto, ma solo concorda con sé; e nel suo diventare ritorna il primitivo. Cosi il passivo da una parte sarà posto dall’attivo, in quanto questo toglie se stesso; ma dall’altra parte è questo il suo proprio agire, concordare con sé e farsi primitivo agente, cioè Causa. L’essere posto per un altro ed il proprio diventare è lo stesso. Per tal modo la sostanza passiva è causa o attiva: come in sé essere posto, riceve l’effetto da un altro; ma questo non fa che porre ciò che essa è in sé: l’essere posto è quindi il suo proprio essere in sé, non più un estrinseco, ma il suo effetto, ed essa è la Causa, non più il passivo, ma sostanza reagente contro il suo effetto, togliente cioè in sé il suo effetto. Ma questo era l’effetto della prima causa, cioè l’attivo; e poiché la causa ha la sua sostanziale realtà solo nel suo effetto, tolto questo è tolta anch’essa. Essa è tolta prima in sé per se stessa, in quanto si fa effetto; in questa identità sparisce la sua negativa determinazione, ed essa diventa passiva; ora è tolta dalla già passiva sostanza, in quanto questa toglie il suo effetto.

L’infinito ritorno in sé.

Nella determinata causalità la Causa nel suo effetto è identica con sé, ma solo in sé; quindi da una parte sparisce nella calma di una immediata identità; dall’altra in un’altra sostanza si sveglia di nuovo. Essa non reagisce contro l’effetto, non lo toglie e ritorna in sé, ma lo pone di nuovo in un’altra sostanza, donde il progresso degli effetti all’infinito. Ma nella condizionata causalità la Causa nell’effetto si rapporta su di sé, perché essa stessa è il suo altro come condizione o supposto, e il suo effettuire è perciò tanto diventare-altro, quanto il porre e il togliere l’Altro. Mediante la negazione del suo altro la passiva sostanza nasce come causale. In quanto essa effettuisce, e il suo effetto ritiene in sé come tolto, esce di nuovo come causa; onde l’effettuire del semplice infinito progresso nella finita causalità