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52 la giovinezza

vigliaccheria propria dell’uomo insolente, si turbò, balbettò qualche parola, e tirò diritto. Quello per me fu uno sfogo, mi sentii più leggiero.

In quell’anno non potevo andare dal Marchese così di frequente, come per lo passato. Non mancavo alle mie lezioni la sera; ci andavo regolarmente tutti i giovedì e le domeniche e lavoravo sempre con lui alla grammatica. Allora il Marchese si faceva assistere da Gabriele Capuano, uno degli Eletti, giovane di famiglia patrizia, di una educazione squisita, e bravo amico, al quale mi affezionai molto. Aveva quel certo sorrise di distinzione che esprime un’incosciente superiorità; ma vi univa un così buon garbo, ch’io mi sentivo soggiogato, e pendevo dalle sue labbra. Andavo spesso e volentieri con lui; mi menò in sua casa, e presi a far lezioni di latino a suo fratello Ciccillo. Mi davano i soliti trenta carlini. Quest’amicizia mi fece molto bene in quello stato solitario dell’anima. Chiuso per natura, con lui mi si scioglieva lo scilinguagnolo, mi veniva la chiacchiera. Pure, quel suo contegno più cortese che affettuoso mi rendeva timido; non c’era abbandono.

In queste lezioni private avevo più piacere che in quelle date in classe a casa mia. Il mio naturale affettuoso era più appagato in conferenze, nelle quali il linguaggio di maestro era mescolato con l’accento d’amico. Ma uno dei miei più vivi piaceri era il fare grandi passeggiate da solo a solo, cosa tanto più cara, quanto più rara. D’ordinario andavo per Capodimonte e talora mi facevo una camminata a piedi fino a Portici o alla punta di Posilipo o su al Vomero. Camminavo frettoloso, a testa bassa, abbandonato alla immaginazione, e facevo la faccia brutta quando qualcuno mi si avvicinava. Andavo occhieggiando qua e là, ma con lo sguardo distratto, senza scopo: ero tutto dentro di me. Talora qualcuno piú ostinato mi si attaccava a panni, e voleva per forza entrare in conversazione. Io non era buono a parlare di altro che di studi, e mi ci riscaldavo e gridavo forte e gestivo ancora più, a gran sorpresa e noia del malcapitato, che andava via pensando: costui è troppo grand’uomo per me. I discorsi di moda e di avventure galanti, i sozzi parlare