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84 la giovinezza

i cervelli; i motivi li sentivi canticchiare per tutte le vie. In mezzo a queste ebbrezze musicali e letterarie io ero una stonatura; e mi piantavano lì con Thiers e Guizot, sicché finii con ruminarli io tutto solo. La mia vita intellettuale si compendiava nel Caffè del Gigante e nella scuola al vico Bisi. Sembravo un estraneo alla società, che mi respingeva da sé con un’alzata di spalle. Io passava per le vie, pensando alla scuola o al caffè, e m’era dolce naufragare in quel piccolo mondo, ch’era il mio «Infinito».

XVI

LA SCUOLA AL VICO BISI

Chi sa perché questo vicolo fu chiamato Bisi? Oggi lo chiamano vico Nilo, ed è un termine più presentabile. Del resto, esso era degno di quel nome. C’era li da impiccarsi per malinconia. Figurarsi un vicolo stretto stretto, con case altissime, che pare ti si congiungano sul capo e ti rubino la vista del cielo. Là, in una gran sala oscura, s’impiantò la scuola nel modo più semplice: un tavolino nudo, non netto di macchie d’inchiostro; un discreto numero di sedie più o meno impagliate, e lunghe file di panche. Le mura bianche e nude mi recavano alla mente il mio stanzone da studio. La decorazione c’era, ed era nel cuor mio e dei miei giovani, che vedevamo li attaccate a quelle mura tutte le memorie della nostra vita intellettuale. Quando io entrava colá, e, cambiato uno sguardo coi giovani, mi si accendevano gli occhi e mi si scioglieva la lingua, quella sala mi appariva splendidamente decorata dalle immagini generate dalla mia fantasia. Né quel luogo pareva poco decoroso al marchese Puoti, uomo semplice, ch’era egli medesimo di quella sala la più bella decorazione.

Il mercoledì era giorno di traduzione. Ci veniva il Marchese, e si faceva presso a poco quello che s’era fatto nel suo studio, salvo che, essendo ivi gioventù nuova, capitata allora allora dalle