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v. l’«orlando furioso» i25

done, tutti que’ famosi guerrieri, scappano anch’essi. Marfisa «spaventata», i cavalieri «pallidi e tremanti» sono epiteti che colpiscono, perché presentano idee che sembravano impossibili anche in sogno.

Astolfo giunge in Nubia e trova il Senápo punito del soverchio orgoglio con la cecità, e con le visite delle Arpie che, quantunque volte si metteva a mangiare, venivano, e parte sporcavano, parte divoravano ogni cosa. Una profezia diceva che il re ne sarebbe liberato da un cavalier volante. Astolfo vuol cacciarle con la spada, ma invano; ricorre al corno; suona, e fuggono; le perseguita fino alla buca dell’inferno in cui si cacciano. L’immaginazione esaltata trova angusti i confini della terra.

Molti, specialmente inglesi, s’avventurano nel cratere del Vesuvio, si cingono funi alla vita e sotto le ascelle, e si fanno calar giù dal Cicerone; finché respinti dai miasmi mefitici, dalla puzza di zolfo, si facciano tirar su. Tal’è la buca infernale in cui si ficca Astolfo, pensando: — Di che ho a temere? Mi posso aiutare sempre col corno! — :

Farò fuggir Plutone e Satanasso,
E ’l can trifauce leverò dal passo.

Dopo pochi passi, il fumo lo costringe a battere in ritirata. L’inferno è qui divenuto ridicolo, ma la caricatura è più netta nella rappresentazione delle anime infernali. Una ombra, interrogata, risponde ad Astolfo, che li sono tutti gli amanti crudeli, tutte le amanti sorde.

Respinto dall’inferno, Astolfo vola sopra un’alta montagna in cui trova il Paradiso terrestre. Comincia con una magnifica descrizione: sono tutte le bellezze della terra idealizzate; la sede di quell’età dell’oro che ogni uomo immagina, e chi pone nel passato e chi nell’avvenire. Anche Dante ha descritto un paradiso terrestre; ma per lui tutto è serio, non v’è nulla di voluttuoso come in Ariosto. L’immaginazione popolare, per rappresentare bella una cosa, la paragona a ciò che crede esser più