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i4 la poesia cavalleresca

Il Boiardo se ne impadronisce, gli toglie le verginità, e lo trasforma in un pazzo innamorato di un Africante, e dá per titolo al suo romanzo Orlando Innamorato. Ariosto ne fa un pazzo da catena. Orlando Furioso. Folengo, ossia Merlin Coccajo, non contento di questo fa nascere da lui un piccolo Orlando ch’e’ chiama Orlandino, che è la caricatura, il Don Chisciotte del padre. Cosi vedete come si modificano questi personaggi secondo i differenti scrittori ed il cammino che fa il pensiero poetico d’un secolo e d’un popolo.

Cosi del fine che si propongono i cavalieri. Quelli di Arturo affrontano ogni periglio, si espongono ad ogni repentaglio per conquistare il Sangrall ossia la scodella su cui Cristo avea mangiato nell’ultima sua cena. Quelli di Carlomagno propongonsi uno scopo più alto più nobile od almeno più epico, l’espulsione de’ Saraceni dalla loro patria, il salvar la civiltà europea. Questi fini generali rimangono intatti.

Ma che varietà di scopi secondari ne’ cavalieri! chi pianta là Carlo per acquistare una spada, per conquistare un cavallo; chi per seguire una bella in Oriente; chi per andare in un’isola a disincantare un palazzo incantato; chi per uccidere un gigante, ché in fin de’ conti il poeta ha piena facoltà d’inventar di pianta i fatti i caratteri ed i fini.

È questa assoluta libertà una condizione favorevole alla poesia? Vi è un limite in essa? Furono questi limiti riconosciuti e rispettati?

Sarà ciò che vedremo nella prossima lezione.

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Abbiamo visto come nel romanzo cavalleresco rimangano fissi certi lineamenti generali ne’ fatti, certi caratteri, certi fini generali: ma come al disotto siavi completa libertà nell’invenzione intreccio e sviluppo de’ fatti, nella determinazione de’ caratteri e de’ fini.

Questa libertà è favorevole o dannosa all’arte? Ecco una domanda che ha la propria risposta in sé stessa. Il regno della libertà è il regno dell’arte. L’ingegno artistico non lavora nel vuoto ma su materiali che gli vengono provveduti dalla realtà