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206 frammenti letterari

collocate nell’etá dell’oro, e sveglia l’eroismo intorno a sé, rende eroici anche i personaggi secondarii. Piú l’etá è prosaica e piú esagerato è l’eroismo, foggiato da immaginazione libera che ingrandisce le proporzioni a arbitrio, con non altro scopo che di eccitare la maraviglia. Il maraviglioso è in questo, che l’eroe è un’antitesi accentuata e romorosa alla vita comune, offrendo in olocausto alla virtú tutti i sentimenti umani, come Abramo, pronto a uccidere il figlio. Cosi Enea abbandona Didone per seguire la gloria, Temistocle e Regolo vanno incontro a morte per amor della patria. Catone si uccide per la libertá, Megacle offre la vita per l’amico e Argene per l’amato. Questa forza di soffocare i sentimenti umani e naturali, che regolano la vita comune, era detta magnanimitá o generositá, com’è il perdono delle offese, il sacrificio dell’amore o della vita. Situazione tragica, se mai ce ne fu, anzi il fondamento della tragedia. Ma qui rimane per lo piú elegiaca, feconda di emozioni superficiali, momentanee e variate, che in ultimo sgombrano a un tratto e lasciano il cielo sereno. La generositá degli uni provoca la generositá degli altri, l’eroismo opera come corrente elettrica, guadagna tutti i personaggi, e tutto si accomoda come nel migliore de’ mondi, tutti eroi e tutti contenti. Di questa superficialitá che resta ne’ confini dell’idillio e dell’elegia e di rado si alza alla commozione tragica, la ragione è questa, che la virtú vi è rappresentata non come il sentimento di un dovere preciso e obbligatorio per tutti, corrispondente alla vita pratica, ma come un fatto maraviglioso che per la sua straordinarietá tolga il pubblico alla contemplazione della vita comune. Perciò è una virtú da teatro, un eroismo da scena, e anche oggi si dice: eroe da melodramma. Piú le combinazioni sono straordinarie, piú le proporzioni sono ingrandite, e piú cresce l’effetto. I personaggi posano, si mettono in Arista, sentenziano, si atteggiano, come volessero dire: attenti! ora viene il miracolo. Temistocle dice:

                                   Sentimi, o Sire,
Lisimaco, mi ascolta, udite o voi
Popoli spettatori
Di Temistocle i sensi; e ognun ne sia
Testimonio e custode.