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iii. pietro metastasio 207

In questo meccanismo trovi sempre la collisione, il contrasto tra l’eroismo e la natura. L’eroismo ha la sua sublimitá nello splendore delle sentenze. La natura ha il suo patetico nelle tenere effusioni dei sentimenti. Ne nasce un urto vivacissimo di sentimenti e di sentenze, con alterna vittoria e con crescente sospensione, come nel colloquio di Tito, insino a che natura ed eroismo fanno la loro riconciliazione in un modo cosí inaspettato e straordinario, com’è tutto l’intrigo. Tito fa condurre Sesto all’arena, deliberato giá di perdonargli: non gli basta la virtú, vuole lo spettacolo e la sorpresa. Questa che a noi pare una moralitá da scena era a que’ di una moralitá convenuta, ammessa in teoria, ammirata, applaudita, a quel modo che le romane battevano le mani a’ gladiatori che morivano per i loro begli occhi. Si direbbe che Tito facesse il possibile per meritarsi gli applausi del pubblico. Appunto perché questo eroismo non aveva una vera serietá di motivi interni, e non veniva dalla coscienza, quel mondo atteggiato all’eroica aveva del comico, ed era possibile che ci penetrasse senza stonatura la societá contemporanea nelle sue parti anche buffe e volgari. Prendiamo l’Adriano. Vincitore de’ Parti, proclamato imperatore, egli si trova in una delle situazioni piú strazianti, promesso sposo di Sabina, amante di Emirena, figlia del suo nemico, e rivale di Farnaspe, l’amante riamato di Emirena. Situazione molto avviluppata, e che diviene intricatissima per opera di un quarto personaggio, Aquilio confidente di Adriano, amante secreto di Sabina, e che perciò fomenta la passione del suo padrone. Emirena per salvare il padre offre la mano ad Adriano. La generositá di Emirena eccita la generositá di Sabina che scioglie Adriano dalla data fede; la generositá di Sabina eccita la generositá di Adriano, che libera il padre di Emirena, rende costei al suo amato, e sposa Sabina. E tutti felici, e il coro intuona le lodi di Adriano. Ma guardiamo in fondo a questi personaggi eroici. Adriano è una buona natura d’uomo, tutt’altro ch’eroica, voltato in qua e in lá dalle impressioni, mobile, superficiale, credulo, insomma un buon uomo che rasenta l’imbecille. Non è lui che opera; egli è il paziente, anzi che l’agente del melodramma,