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massimo d’azelio 237


I tempi volgevano al peggio. Sopravveniva il colpo di stato. La reazione infuriava in Italia. I nostri sguardi erano tesi con angoscia verso il Piemonte, parea impossibile vi potesse durar lo Statuto. D’Azeglio pensò che per vivere bisognava fare il morto. Abbassò la voce e dié sulla voce a quelli che l’alzavano troppo. Zitto, che non ci sentano, parea volesse dire. Questa politica rimessa, se è utile in qualche tempo, uccide sempre il suo autore. Non si dice impunemente a un popolo concitato: arrestati, fatti savio e modesto. D’Azeglio lo sapea, ed immolò la sua popolaritá alla salvezza pubblica. Egli perdette se stesso, ma salvò lo Statuto e la Patria.

Forse coloro che lo accusavano di politica troppo timida, e l’incalzavano con le calunnie e le contumelie, sarebbero stati piú indulgenti verso Massimo d’Azeglio, se avessero potuto spinger lo sguardo dietro le cortine e vedere quanto quel Ministro, che parea timido in pubblico, fosse coraggioso in segreto. Forse, se avessero potuto sapere con quanta tenacitá tenea fermo contro la irrompente reazione e ne guastasse i maneggi e gl’intrighi, avrebbero essi compreso, qual sublime sacrifizio di sé facea quell’uomo, che nell’interesse dello stato dovea in pubblico minacciare quella libertá che difendeva in segreto. E forse allora avrebbero sentito quanta grandezza è nel suo ultimo motto, quando presso a cadere e interpellato vivamente in Senato, cosa egli avea fatto, si contentò di rispondere: Ho vissuto.

E perché il Piemonte seppe vivere, potè poi operare. In quel riposo potè rifarsi d’animo e di forze, e domandare qualcos’altro piú che non fosse il vivere. D’Azeglio avea detto: per vivere bisogna fare il morto. E Cavour disse: no, per vivere bisogna farsi vivo. La missione D’Azeglio era compiuta; il paese fu con Cavour.

D’Azeglio disparve dalla vita politica, in silenzio, senza recriminazioni, cònscio di aver perduto per sempre il favor popolare, conscio di averlo voluto perdere lui, e di avere ben fatto. Ministri volgari, quando scendono dal potere, vanno nelle file dell’opposizione a suscitare difficoltá a’ loro successori, e a creare partiti personali e artificiali. D’Azeglio si diede una piú nobile