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262 commerazioni


E si convinse che neppure il suo posto era nelle fila dell’esercito. Il condottiero de’ volontari a voce breve e imperatoria, a cuore aperto, niente uso a prudenza e pazienza, quella disciplina, quello spirito di regolamento, quella sottomissione assoluta al comando, quel dover talora uccidere l’uomo sotto il generale, poco tollerava.

Lo fecero senatore. Che voleva piú? Stimato e rispettato, generale e senatore, questa era onorevole fine di bella vita, un degno ozio a cui sospirano molti. Pure ci si sentiva scontento, e non gli pareva che l’Italia dovesse esser proprio quella che aveva innanzi agli occhi. Si svegliò in lui il marinaio e il genovese. E vide subito questa veritá, che l’Italia non può sorgere a vita nuova, se non ripigliando le sue tradizioni e aprendosi la via a’ commerci, che giá la resero ricca e potente. E come in lui ideare era fare, andò peregrinando in Italia, apostolo di questa idea. E il senatore e il generale divenne il capitano di un legno mercantile, e portò in lontani mari la patria bandiera, piú glorioso e piú allegro lá sul ponte che sugli stalli del Senato; aveva ritrovato se stesso. Non mancò a questo apostolo di una nuova Italia la consacrazione del martirio. Un giorno, quando nelle industrie e nei commerci sará aperto uno sbocco a tutta quella esuberanza di vita di cui oggi sentiamo la presenza negli avventurieri, ne’ cacciatori d’impieghi, ne’ sollecitatori di affari, in tante carriere mancate o spostate, e ci avvieremo cosí alla vera e radicale guarigione della immoralitá pubblica e privata, gli italiani chiameranno Bixio il Precursore, e ricorderanno come un augurio questa festa funebre di Genova intorno alle sue ceneri.