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Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/366

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nota 36i


3. La scuola. — Nella «Nuova Antologia», agosto i872; indi in opuscolo, Napoli, Morano, i897, e poi dal Croce in Scritti vari, cit. (pp. i89-i97). Ecco il lavoro dell’Arcoleo:

Pulcinella dentro e fuori di teatro.

Non se ne offendano le orecchie esercitate alle forti argomentazioni o i cervelli malati di filosofiche malinconie, accanto agli Amleti, ai Faust, ai Prometei, anche Pulcinella ha il suo posto: è la stessa realtá della esistenza che a lui si affaccia come un giocattolo, a quelli come una lotta; è la stessa scala sociale, alla cui sommitá sta l’uomo dal pensiero concentrato, dall’affetto profondo, dalla cosciente azione, e alla cui base resta l’uomo gettato quasi fuor di se stesso, alle porte del Nosce te ipsum vacuo come una spuma e galleggiante com’essa sulle difficoltá della vita, beato come un padre priore, fanfarone come un cerretano, facile e versatile come un birichino, insensibile, o solo commosso meccanicamente ai dolori altrui come il telegrafo che segna la disfatta di Sadowa o di Sédan, o come un ministro di finanze che con una punta di penna getta la desolazione in mille famiglie. Ogni medaglia ha il suo rovescio, anche il fulmine ha la sua parodia; cosí ogni teatro, anche 1 ’ Indiano, ha avuto le sue Maschere, perché sotto a una societá che pensa ed opera ce n’è un’altra che ciancia, spensa e gingilla, e se un filosofo che si chiama Diogene cerca con la lanterna del pensiero la veritá, un altro chiamato lazzarone cerca la sera in via Toledo i frusti dei sigari.

Da questa dissonanza, da questo riscontro nascon quei tipi popolari che lo istinto crea e la ragione abbatte man mano che il pensiero si sgomitola dalle sue fasce; tipi che sfuggono a qualsiasi accurata analisi, perché l’arte non li ha improntati del suo forte stampo, e son rimasti qualche cosa che non è tutto reale né tutto ideale, mezzo uomini e mezzo burattini, idoli della plebe quando vive di latte e miele, giocattoli che spezza quando si addentra nella intimitá della coscienza.

E oramai le maschere come i miti, come i trastulli infantili dei popoli, son passate, pur lasciando qualche vestigio nella grande commedia umana. Esse rappresentarono un lato comico della vita, del quale se cangiò il colorito resta sempre il disegno, e se Pulcinella ancor vive tra noi, vuol dire che la Maschera, oltre ai suoi rapporti con T indole particolare della gente che l’há fatta, dee in sé tener qualche cosa che rimane aspettando nuove trasformazioni dall’arte. Io dubito che il contenuto delle Maschere possa in tutto finire. La vita non ha sempre la posa di una statua greca o le rigide linee di un’architettura romana; essa non è solo l’aforismo del filosofo, è anche lo sdrucciolo motteggio del cantastorie: la vita ha un midollo e una scorza; ha i suoi antipodi come la terra, le sue tèsi e antitesi