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366 nota

Pulcinella. Il quale ritrae appunto questo impasto di privilegiata natura e di cattive abitudini, di fango e di luce, di lazzarone e di nobile che si riproduce anche spesso in certe classi piú alte: perché plebe non è solo quella che abita a pian terreno. Epperò Pulcinella è un panteon di professioni: è medico, è soldato, è ciabattino, ecc., ed è anche studente e giornalista, di tutt’altro però che di notizie politiche per non offendere alcuni suoi colleghi che lo rappresentano cosí bene nella realtá. Insomma è un’enciclopedia, simile a quella che trovasi nelle botteghe dei villaggi, o nel cervello di giovani meridionali a vent’anni (o spero di me solo), viaggiatori di mondi immensurati senza aver prima misurato i pochi palmi del nostro piccolo me, che trinciamo epoche, fabbrichiamo sistemi e sugli ardui problemi che il pensiero incontra nell’arte, nella scienza, nella storia, nella vita versiamo la luce dello zolfanello che ne accende il sigaro o della lucerna che illumina i nostri scarabocchi sulla carta; pronti a star sulle barricate e a tremar per gli esami, a comprender tutto, ad esser tutto fuorché qualcosa, fuorché noi. Pulcinelli inosservati in maschera di filosofi, di letterati, di poeti, di artisti.

Finché la vita non si fa seria, Pulcinella stará bene al suo posto: San Carlino avrá ragione di esistere. E la vita non si fa seria con lo scetticismo o col dubbio sforzato, ma con quella fede che salva dall’equivoco in che, come oggi la plebe, ci siamo cullati indifferenti e oziosi per tanti secoli di nostra storia. Pulcinella ha tratto dallo equivoco tutto il suo arsenale di motti, di lazzi, di frizzi. Volevo dubitare che egli fosse stato una caricatura della dominazione spagnuola, una sfida fatta col riso alla tirannide; ma le caricature e le sfide non si fanno con l’equivoco a spese della moralitá, della istruzione e del buon senso.

Questo mondo di Pulcinella facile e furbesco, non altro che questo, passione un tempo e frenesia di due plebi, quella del trivio e quella della corte, oggi, tale qual è, mi pare un anacronismo. Ci sia pure la realtá del presente che mi rida sul muso: il dritto storico non l’ammetto neppure per Pulcinella.

Questo mondo allor potea. stare che la inerzia era pace, lo stagnamento tranquillitá: e la Maschera e il buffone avean soli il dritto di muovere le acque di quella palude.

Allora un cortigiano sguinzagliava un picchetto di soldati alla carica contro a una Maschera, perché entrata in teatro in contravvenzione ai regolamenti; e un re (Carlo Felice), che credea decapitare il pensiero tagliando le teste ai liberali, intercedea per la Maschera dicendo: Ebbene, se fa ridere a che servono i regolamenti?» Allora un altro re creduto gigante in vita e trovato in morte alto sei palmi e mezzo; che entrava proclamando vittoria nelle cittá nemiche, quando i suoi soldati ne avevano occupato fin le cantine, potea rizzare un monumento a una Maschera, che dovea dirsi anche fatto a se stesso, perché Luigi XIV sentiva nella sua grandezza qualche cosa dell’Arlecchino.